La dodicesima edizione dell’Irish Film Festa: il nostro resoconto
La dodicesima edizione dell’Irish Film Festa, svoltasi ancora una volta presso la suggestiva ubicazione della Casa del Cinema di Roma, nel mezzo della splendida Villa Borghese, verde come l’Irlanda, è stata ricca di proiezioni, incontri, e , soprattutto, emozioni.
Otto lungometraggi attuali, un Irish classic, tre proiezioni speciali, diciotto cortometraggi di cui sedici in concorso; già la scelta dei film presentati mostra la elevata qualità di questo festival, diretto egregiamente dalla bravissima Susanna Pellis. A questi si aggiungono il panel “Isle of Docs: l’ascesa del documentario nel New Irish Cinema” con il regista Brendan J. Byrne, l’incontro con lo scrittore Karl Geary, le presentazioni e gli interventi degli attori Dara Devaney, Moe Dunford, Lorcan Cranitch, Hugh O’Conor (presente al festival anche come regista), dei registi Sean Murray, Frank Berry, Ryan Tohill; ma soprattutto lo speciale incontro con John Lynch.
I lungometraggi presentati mostrano il cuore dell’Irlanda; la sua storia, le sempre tese relazioni con gli inglesi, come in Black ’47, Murdair Mhám Trasna, Unquiet Graves, Hear My Voice; ma anche temi attuali ed intensi come i disturbi mentali, splendido e delicato in tal senso The Drummer and the Keeper; la crudezza della realtà del carcere e di come una pur breve detenzione ti cambi per sempre, modificando carattere e scala di valori, in Michael Inside; l’espropriazione, in The Lonely Battle of Thomas Reid, l’omicidio ed i sensi di colpa di The Dig, la rivalità tra sorelle (gemelle eterozigote) in Metal Heart. L’Irish Classic Lamb è per certo verso un universo a sé; interpretato da un bravissimo Liam Neeson ed un piccolo (di età) Hugh O’Conor, ora cresciuto e presente al festival anche come regista con Metal Heart, il film, mostrando la fuga di un giovane prete con un bambino, potrebbe essere, oggi, accusato di mostrare un rapporto di tipo ben diverso da quello descritto originariamente: lungi dal parlare di pedofilia, infatti, Lamb descrive piuttosto un rapporto padre-figlio tra un prete in crisi ed un bambino problematico ed epilettico.
Vincitori della sezione cortometraggi, Bless Me Father per la categoria Drama e Mother & Baby per quella Documentary, mostrano entrambi la forza di un racconto doloroso e poetico, dal claustrofobico svolgimento nel confessionale, luogo di confronto, sfogo e redenzione, del primo, alla cruda ricostruzione di una storia poco nota di bambini irlandesi strappati alle madri e alla vita del secondo.
Oltre alla sezione dedicata tra i corti in concorso, il documentario è molto presente all’Irish Film Festa, ad indicare il fiorire di documentari irlandesi, che emerge anche dall’incontro nel panel “Isle of docs“; il processo di pace che ha messo fine al periodo dei Troubles, infatti, ha segnato un punto di svolta anche per il cinema, con il fiorire, appunto, di documentari, molti dei quali di denuncia. Ad esempio il Belfast Film Festival ha ora una sezione loro dedicata.
Un capitolo a parte merita poi l’incontro con John Lynch, che ha preceduto la proiezione dell’intenso e poetico Angel Baby. Lynch, dopo aver raccontato la sua storia, dai suoi inizi come attore a scuola all’esordio al cinema con Cal, ai suoi problemi con il bere che gli hanno causato uno stop alla carriera di attore ma gli ha aperto una nuova strada: quella della scrittura, ha parlato di recitazione, di cosa sia per lui l’attore. La recitazione per Lynch è emozione; per prima cosa c’è il sentire, trovare delle emozioni, poi a queste si danno i colori. Prima c’è la sensazione emotiva, poi arriva il resto. “L’attore prima sente, poi va”.
Scelto soprattutto per ruoli problematici ed intensi, per quella vulnerabilità nello sguardo ed il carisma naturale che lo pervade, ricorda con piacere le sue escursioni nella commedia, tra queste l’interpretazione del fidanzato fedifrago di Sliding Doors; film da lui apprezzato anche per come è stato concepito, per l’idea delle diverse possibilità date ad ognuno di noi a seconda delle scelte che si fanno. Una scelta, per lui importante, è stato smettere di bere. Ma è grato di tutto nella sua vita Lynch; anche di questa parte oscura. Da essa è nato il tempo per dedicarsi alla scrittura. A differenza del suo lavoro di attore, dove a prevalere è l’emozione, nella scrittura, per Lynch, è importante documentare; nei primi due libri c’è tutta la sua giovinezza; ha preso la sua vita e ne ha fatto il motore per capire cosa lo ha portato dov’è ora. Per Lynch il libro è più di un film, perché crea un rapporto intimo con chi lo legge; nel libro c’è un mondo.
Il mondo di Lynch oggi è in Francia. Da diversi anni l’attore vive a Nizza, un compromesso tra i suoi due mondi, Italia ed Irlanda, entrambi presenti in parte, a suo dire, nei francesi. Ma oggi Lynch si sente un artista europeo. Gli attori irlandesi infatti, erano classificabili, come ad esempio gli attori russi; essere europeo è quindi per lui fantastico. In cantiere, per Lynch, una sfida: un film da girare qui in Italia, a Napoli, su Massimo Troisi…. John, ti aspettiamo.
Michela Aloisi
Recensioni dalla 12° edizione dell’Irish Film Festa
Lungometraggi
The Drummer and the Keeper di Nick Kelly
The Lonely Battle of Thomas Reid di Feargal Ward
Murdair Mhám Trasna di Colm Bairéad
Unquiet Graves di Sean Murray
Hear My Voice di Brendan J. Byrne
Michael Inside di Frank Barry
Black ’47 di Lance Daly
Metal Heart di Hugh O’Conor
The Dig di Andrew e Ryan Tohill
Proiezione di chiusura
Derry Girls creata da Lisa McGee
(serie tv ep. 1,5,6 stagione 1)
Irish Classic
Lamb di Colin Gregg
Omaggio a John Lynch
Angel Baby di Michael Rymer
Cortometraggi in Concorso
The Swimmer di Thomas Beug
Camlo di David Moody
Bless Me Father di Paul Martin
Mother & Baby di Mia Mullarkey
Approfondimenti