La colonna sonora giusta dopo il “lockdown”
In un paio di decenni la scena culturale ravennate ci ha proposto davvero tanto, per quanto riguarda il cinema e il teatro. E tra i festival cinematografici cui è stato più facile affezionarsi vi è, non a caso, il Soundscreen di Ravenna, giunto proprio in questo difficile anno alla quinta edizione. In barba alle avversità, però, la direzione del Soundscreen Film Festival ha scelto di agire in controtendenza rispetto a quelle manifestazioni cinematografiche, neanche poche, che in virtù dell’aumento autunnale di contagi da Covid-19 e delle nuove possibili misure restrittive hanno scelto soluzioni più prudenti, trasferendosi temporaneamente su qualche piattaforma digitale.
Ma quale impatto avrebbe potuto avere, così rivisitato, un festival che tra i propri fiori all’occhiello ha certi attesissimi eventi “live”, come ad esempio le sonorizzazioni dal vivo di grandi film del muto? Sarebbe stato un giocare al ribasso.
E infatti questa edizione coraggiosamente “in presenza” ne ha diversi di appuntamenti imperdibili, concepiti in tal modo: il 26 ottobre, cioè stasera, la sonorizzazione de L’Inferno dantesco datato 1911 da parte degli OvO, veri aficionados della kermesse ravennate; lunedì 28 sarà invece il turno del film di Dreyer in assoluto più amato da chi scrive, ovvero Vampyr, rivisitato musicalmente da Paolo Spaccamonti e Ramon Moro; così proseguendo il leggendario Nosferatu di Murnau, musicato in sala proprio nella serata di chiusura dagli Earthset, quartetto alt-rock bolognese.
Queste chicche non sono ovviamente gli unici motivi di interesse di un festival che, nel corso degli anni, si è affermato anche per la notevole varietà di approcci al rapporto tra grande schermo e tracce sonore, musicali, un tema che in passato studiosi come il compositore francese Michel Chion hanno saputo trattare con grande passione.
Spulciando il programma si possono già individuare, tra documentari e lungometraggi di fiction, altri eventi a dir poco succosi. Su tutti la proiezione domenicale, con in sala lo stesso Zamboni che si produrrà pure in un recital poetico, de La macchia mongolica, doc tanto intrigante nella sua genesi da farci appellare direttamente alla sinossi ufficiale: 1996: Massimo Zamboni, musicista e fondatore dei gruppi musicali CCCP e CSI, intraprende un viaggio in Mongolia che risulterà fondamentale per la sua carriera artistica e che segnerà la nascita dell’album Tabula Rasa Elettrificata. Ma quel viaggio risulterà essere altrettanto fondativo dal lato umano e personale: sarà infatti proprio in Mongolia che Zamboni e la compagna Daniela decideranno di diventare anche genitori. A vent’anni di distanza, su richiesta della figlia Caterina nata poco dopo quel viaggio, riaffronterà con lei e la moglie quello stesso viaggio, dall’Emilia e passando per la transiberiana.
Naturalmente abbiamo già adocchiato diverse altre serate, nelle quali ci auguriamo che il pubblico “affolli” (per quanto le norme anti-covid possono permetterlo) il Palazzo del Cinema e dei Congressi, così da beneficiare al meglio di una programmazione ricca anche geograficamente. Si va infatti da Chess Stories di Emmanuel Martin Hernandez, vicenda scacchistica ambientata a Santiago, Cuba, fino al “political rap” africano di Time is on our Side. Senza dimenticare, peraltro, il duplice omaggio a Federico Fellini e ad Alberto Sordi, con la riproposizione de I vitelloni. Il resto lo scopriremo solo vivendo… e battendo il tempo al ritmo giusto, quello del festival.
Stefano Coccia
Riepilogo recensioni per sezione dal Soundscreen Film Festival 2020
Concorso
Schemers di Dave McLean
La macchina mongolica di Piergiorgio Casotti
Chess Stories di Emmanuel Martin Hernandez
The Swallows of Kabul di Zabou Breitman ed Eléa Gobé Mévellec
Dinner in America di Adam Rehmeier
Time Is On Our Side di Katy Léna Ndiaye
Fellini 100/ Sordi 100
I vitelloni di Federico Fellini
Sonorizzazioni
L’Inferno 1911 di Francesco Bertolini, Giuseppe De Liguoro e Adolfo Padovan
Vampyr di Carl Theodore Dreyer
Concorso Cortometraggi
Malakout di Farnoosh Abedi