Al gusto di liquirizia
Mancava probabilmente un tassello, al mosaico sentimentale imbastito da Paul Thomas Anderson nel corso della propria filmografia. Dopo l’amore salvifico, contrastato e minacciato messo in scena nel geniale Ubriaco d’amore (Punch-Drunk Love, 2002) e quello intenso, adulto e problematico illustrato in modo sublime ne Il filo nascosto (Phantom Thread, 2017) era come se si avvertisse l’assenza di una sorta di antefatto. Cioè il sentimento puro e privo di sovrastrutture vissuto in età adolescenziale. Licorice Pizza non solo colma questa, molto ipotetica, lacuna. Ma riesce nell’impresa di riportare fedelmente pulsioni e sensazioni di un’età irripetibile attraverso lo sguardo incantato del cinema, in un film del tutto libero da qualsivoglia vincolo narrativo.
Suonerebbe dunque oltremodo riduttivo usare un termine abusato come coming of age, per etichettare Licorice Pizza, che è molto più di un convenzionale racconto di formazione. Un concerto di sentimenti in cui risalta lo splendore della Settima Arte esplorata in ogni recondito angolo, un inno alla purezza dell’amore osservato attraverso la lente deformante del miglior cinema possibile al giorno d’oggi: quello, appunto, pensato e realizzato per la visione in sala. Non a caso Paul Thomas Anderson è sempre stato tra i fautori della lavorazione “old style”, preferendo girare i propri film in pellicola piuttosto che in digitale.
Siamo nel 1973. Gary incontra Alana. Per lui è colpo di fulmine. Solo che Gary ha quindici anni (quasi sedici) mentre Alana ne ha dieci di più. Inizia il gioco della seduzione. I due si conoscono, si allontanano, frequentano altre persone. Si riavvicinano. Scoprono la vita, in ogni ambito immaginabile. Paul Thomas Anderson – anche sceneggiatore – ne segue i frenetici movimenti con leggiadria pari solamente alla propria, ormai consolidata, maestria cinematografica. Tutto, in Licorice Pizza, è anche ode ad un modello di cinema frammentato e spigoloso (Robert Altman, ma non solo) che va inevitabilmente tramontando come sempre avviene nell’ordine delle cose, risorgendo però nella mani di Anderson al pari di una meravigliosa Araba Fenice. Le apparizioni, in camei peraltro indimenticabili, di Sean Penn e Bradley Cooper depongono in tal senso. Licorice Pizza, inondato di luce anche nelle sequenze notturne, pare a tutti gli effetti un’opera girata dentro gli anni settanta. Salvo sposare in pieno l’anarchia narrativa presente negli anni ottanta, ricordando concettualmente opere tipo Tutto in una notte (Into the Night, 1985) di John Landis oppure Fuori orario (After Hours, 1985) di Martin Scorsese, sia pur epurate da ogni vistosa ombra presente. Perché Licorice Pizza, al netto degli alti e bassi amorosi dei suoi meravigliosi protagonisti, rappresenta la gioiosa illustrazione di quei vorticosi sommovimenti sentimentali che tutti abbiamo provato nella vita. Un’empatia che scatta spontaneamente sia per merito della perfetta struttura del film che grazie alla freschezza dei due interpreti principali. Alana Haim, giovane musicista “prestata” al cinema, e Cooper Hoffman – figlio del prematuramente scomparso Philip Seymour Hoffman, uno degli attori preferiti da Anderson (1) – donano a Licorice Pizza la classica marcia in più scaturita dalla loro perfetta aderenza ai ruoli.
Come tutte le cose del mondo, anche questa pandemia e le altre calamità che continuano ad assillarci da troppo tempo prima o poi termineranno. Un eccellente rimedio per riscoprire il gusto della sala cinematografica dopo infiniti mesi di confino casalingo forzato potrebbe essere proprio la visione di Licorice Pizza – la “pizza alla liquirizia” del titolo si riferisce ad una catena di negozi discografici dell’epoca (la colonna sonora del film è peraltro semplicemente sontuosa) ma forse anche, in senso lato, alla vecchia pellicola cinematografica – un’opera che è già in volo altissimo nelle rarefatte altitudini del culto. Peccato mortale sprecare tale occasione di riavvicinarsi al vero Cinema, mediante un lungometraggio capace di riassumere in toto la stessa essenza della Settima Arte, composta della medesima, eterea, impalpabile e perciò ampiamente desiderabile, sostanza di cui è fatto il sentimento amoroso.
Daniele De Angelis
Note
(1) Ad un certo punto della diegesi di Licorice Pizza, il personaggio di Gary, interpretato da Cooper Hoffman, inizia a vendere materassi ad acqua. Lo stesso mestiere del personaggio interpretato da Philip Seymour Hoffman in Ubriaco d’amore. Un simbolico cerchio si chiude, inducendo alla più genuina commozione tra le righe del film.