Allo specchio
Il 21 marzo 2024 è la data scelta da Lucky Red per l’uscita nelle sale nostrane di May December, l’ultima fatica dietro la macchina da presa di Todd Haynes. Uscita che arriva dopo una serie di importanti appuntamenti festivalieri e istituzionali tra cui l’anteprima mondiale nel concorso di Cannes 2023, la 96ª notte degli Oscar per la candidatura come miglior sceneggiatura originale (con relativa statuette andata per la cronaca ad Anatomia di una caduta) e l’apertura pochi giorni prima della 15ª edizione del Bif&st nella splendida cornice del Teatro Petruzzelli.
Esauriti questi e gli altri numerosi appuntamenti fissati in agenda per la pellicola del cineasta americano è giunto il momento di portare sugli schermi italiani quanto di prezioso ha in dotazione, ossia un cast di all stars da fare invidia la cui presenza da sola basterebbe a ripagare il prezzo del biglietto. La possibilità di vedere duettare attrici premio Oscar del calibro di Natalie Portman e Julianne Moore, alle quali si è andato ad aggiungere il talentuoso e in fortissima ascesa Charles Melton (che per la sua interpretazione ha ricevuto la candidatura al Golden Globe e svariati riconoscimenti, tra cui quello di Miglior attore non protagonista dell’anno dal National Society of Film Critics), è un valore aggiunto e una base solidissima sulla quale l’autore ha potuto contare per alzare ulteriormente l’asticella. Haynes da questo punto di vista si è più volte concesso un simile lusso, abituando se stesso e il pubblico a film che al di là dei pregi riscontrabili in fase di scrittura e di messa in quadro sono rimasti impressi nelle menti e nei cuori degli spettatori e degli addetti ai lavori. Basti pensare al nutrito parco attori del corale Io non sono qui o al trio delle meraviglie di Carol formato da Cate Blanchett, Rooney Mara e Sarah Paulson. In tal senso May December non è da meno con il terzetto chiamato in causa che dà vita a un pericolosissimo triangolo che si fa con lo scorrere dei minuti via via più morboso e inquietante. Ci troviamo infatti al centro di un girone dantesco di segreti e bugie, realtà e finzione, amori e tradimenti, passati ingombranti e presenti instabili, che vede una famosa attrice intenzionata a realizzare un film sulla storia vera di una coppia, la cui relazione clandestina aveva infiammato la stampa scandalistica e sconvolto gli Stati Uniti vent’anni prima. Dopo quasi un quarto di secolo i due stanno ancora assieme, vivono a Savannah e hanno nel frattempo dato alla luce tre figli. Ecco allora che per prepararsi al suo nuovo ruolo, la star del cinema entrerà nella loro vita rischiando di metterla in crisi.
Se e ciò accadrà, se le crepe provocheranno dei crolli strutturali tali da minare e mettere a rischio la relazione, lo lasciamo alla fruizione di un’opera che riporta il regista californiano tornare ai livelli che gli competono dopo i i discontinui La stanza delle meraviglie e Cattive acque. Ben altri sono infatti i livelli e i picchi che il cinema di Todd Haynes può raggiungere ed è riuscito a toccare tempo addietro con il già citato Carol e prima ancora con Lontano dal paradiso, del quale May December sembra un incrocio genetico e trans-genere svelando la sua natura da mélo-soap-thriller nel quale il gusto della messa in scena incontra la sostanza di una stratificazione narrativa e drammaturgica. Nelle pieghe e negli intrecci del racconto Haynes riflette sull’impossibilità dell’arte di rappresentare l’intima verità di una storia realmente accaduta e lo fa con un gioco morbosamente intrigante e ambiguo di specchi e sovrapposizioni che rievoca con le dedite distanze e mixandole senza soluzione di continuità Persona con Mulholland Drive, che guarda caso hanno una delle due protagoniste vestire i panni di un attrice. In May December questo si materializza sullo schermo sotto forma di una sfida tutta al femminile e figurativamente con una cinepresa che in diverse occasioni si sostituisce fisicamente a uno specchio per riflettere i personaggi e il loro assolversi e dissolversi l’uno nell’altro.
Con e attraverso questi ingredienti l’autore, con la complicità di Samy Burch e Alex Mechanik che in fase di scrittura hanno creato una ricetta su misura per lui, ha realizzato un piatto stellato che trova nelle performance straordinarie della Portman e della Moore quella spinta in più e un valore aggiunto. Dove non arrivano lo script e la regia arrivano loro, dando ai rispettivi personaggi e alle singole scene che le chiamano entrambe in causa una potenza e una tensione febbrile ulteriore. Senza nulla togliere all’opera e a chi l’ha firmata, il contributo delle due protagoniste è fondamentale e rappresenta il suo valore aggiunto.
Francesco Del Grosso