Home In sala Ancora in sala Goodbye Julia

Goodbye Julia

197
0
VOTO: 8

Due separazioni

Prima di approdare sugli schermi italiani con Satine Film a partire dal 24 ottobre, Goodbye Julia e il suo autore hanno raggiunto storici traguardi per la nazione di appartenenza. La pellicola di Mohamed Kordofani è stata la prima battente bandiera sudanese ad essere stata presentata in selezione ufficiale al Festival di Cannes, dove ha vinto nel 2023 il Premio della Libertà nella sezione Un Certain Regard, per poi essere scelto per rappresentare il Paese agli Oscar ed essersi aggiudicato i riconoscimenti per il miglior film e la miglior sceneggiatura ai prestigiosi Arab Critics Awards for Arab Films. E pensare che nel caso dell’opera scritta e diretta dal fotografo e ingegnere aeronautico, nativo di Khartoum ma che da anni vive e lavora in esilio in Bahrain, si tratta di un battesimo dietro la macchina da presa. Un esordio, questo, che ha per le qualità espresse consegnato alla cinematografia internazionale un talento del quale siamo sicuri sentiremo parlare da qui ai prossimi anni. In tal senso, l’esordio di Kordofani segna la nascita di un regista molto promettente e conferma l’emergere della Settima Arte sudanese, ad oggi capace di proporsi all’attenzione del pubblico e degli addetti ai lavori solo con fugaci sussulti.
Dal canto suo Goodbye Julia va oltre i meriti specificatamente tecnici, poiché ha il merito di portare alla luce una situazione geopolitica di cui non si sa nulla e sulla quale gli organi di stampa nazionali e internazionali hanno sempre taciuto. Attraverso dei riferimenti specifici ai delicati momenti della storia del Paese africano e alle scomode problematiche che lo affliggono, il film affonda in esse le radici del racconto. Incorniciato da e in un 4:3 rigoroso almeno quanto la regia e la confezione che lo ospitano, il film narra dell’incontro che porta all’improbabile amicizia di due donne sudanesi, una del Nord e una originaria del Sud, unite da una drammatica casualità. Le coordinate spazio-temporali ci portano alla vigilia della secessione del Sud Sudan nel 2011 al seguito di Mouna (Eiman Yousif), una donna benestante di Karthoum, che provoca involontariamente la morte di un giovane uomo del Sud e, distrutta dal senso di colpa, assume Julia (Siran Riak), la sua ignara moglie, come domestica per aiutarla economicamente e redimere così il proprio peccato. Ma con il trasferimento di Julia e del piccolo Daniel a casa di Mouna inizia per quest’ultima un percorso ad ostacoli che per lei sarà sempre più difficile fronteggiare e al quale sarà sempre più difficile sfuggire.
Goodbye Julia intreccia abilmente un evento drammatico privato con le vicende storiche di un intero Paese, che l’autore esplora con una radiografia scandagliando gli stati d’animo e le emozioni contrastanti dei singoli e della collettività alla quale appartengono. Si assiste di fatto a un dramma nel dramma. Lo fa attraverso due separazioni altrettanto dolorose che arrivano entrambe da accesi conflitti e portano a inevitabili fratture: da una parte quella coniugale di una coppia e dall’altra quella di una nazione. Ecco che la dimensione intima si riversa ed entra in rotta di collisione con quella pubblica e viceversa, in un’opera che sa essere al contempo metafora e verità di condizioni umane e sociali. Il ché la porta a proporre riflessioni su sentimenti universali come l’odio, la disonestà, l’ espiazione e il perdono, estendendo i propri orizzonti narrativi e tematici anche alle tante problematiche sudanesi dell’epoca, a cominciare dal razzismo radicato e dalle diversità religiose che hanno finito con l’implodere. Ed è come si muove tra queste dimensioni senza che l’una fagociti mai l’altra la grande forza del film, insieme alle performance intense e coinvolgenti delle interpreti principali.

Francesco Del Grosso

Articolo precedenteL’albero
Articolo successivoLonglegs

Lascia un commento

Please enter your comment!
Please enter your name here

5 × 3 =