Giovani, carini e inoccupati
Chi più chi meno avrà sentito pronunciare almeno una volta il termine N.E.E.T., acronimo inglese di Not in Education, Employment or Training, coniato in Gran Bretagna tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del Duemila per indicatore quella quota di popolazione di età compresa tra i 15 e i 29 anni che non è né occupata né inserita in un percorso di istruzione o di formazione. L’Italia per anni ha detenuto il record europeo di giovani “inoccupati” che nel 2023 si stimano essere ancora intorno ai due milioni. Si tratta di un fenomeno i cui dati erano e continuano ad essere allarmanti.
Sarà per questo che Andrea Biglione ha deciso di affrontare l’argomento di petto e senza girarci intorno nel suo nuovo lungometraggio, dando al fenomeno in questione la centralità e il giusto peso tanto utilizzare il suddetto acronimo come titolo di quella che è la sua seconda fatica dietro la macchina da presa dopo Almeno tu nell’universo. Anche in quella circostanza il regista ligure si era approcciato a temi universali e complessi come la malattia e i legami affetti e biologici passando attraverso gli stilemi del romanzo di formazione e un registro a metà tra il serio e il faceto. Caratteristiche che a quanto pare sono parte integrante del suo codice genetico artistico visto che ha utilizzato il medesimo modus operandi anche in N.E.E.T., presentato in anteprima mondiale tra gli eventi speciali della 15esima edizione del Bif&st, cornice ideale per un film girato nel Sud della Puglia, per la precisione in quel di Ostuni, tra l’altro in piena pandemia con le riprese che si sono svolte in un albergo della zona che per l’occasione si è trasformato nella location che fa da sfondo e ambientazione alla vicenda narrata.
Il film, scritto a quattro con Daniele Locci, tratta il tema in chiave satirica immaginando l’introduzione da parte del Governo italiano della leva obbligatoria per un milione di ragazzi al fine di arginare il problema. A mali estremi, estremi rimedi come si suol dire. Ecco allora che quattro di questo “esercito” di inoccupati under 30 provenienti da tutto lo stivale vengono rinchiusi in una caserma sperduta con un solo mese di tempo a disposizione per trovare un impiego vero, costruirsi un futuro ed evitare così l’intero anno di leva. Una naja che nel frattempo è cambiata rispetto al passato, a cominciare dalla parità di sesso tra donne e uomini.
Un po’ il docu-reality La caserma per il tipo di ambientazione se pensiamo al presente e un po’ Classe di ferro per i nostalgici se pensiamo invece al tipo di humour vintage anni Novanta utilizzato per condire il tutto, dalle battute alle gag, N.E.E.T. parla di tematiche di strettissime attualità e lo fa con una goliardia e una leggerezza che fanno simpatia strappando sorrisi e al contempo innescano spunti di riflessione. Quest’ultimi servono per condire e alimentare una storia di rivalsa giovanile, quella di una generazione che cerca se stessa. Il cammino per trovare le giuste motivazioni passa attraverso un percorso militare ad ostacoli plurale e individuale dei protagonisti di questa commedia corale vecchia scuola che parte però da un’idea davvero originale per generare sviluppi che lo sono meno. Ciononostante Biglione e il suo nutrito e variegato cast riescono a regalare alla platea di turno una dose abbondante di intrattenimento a buon mercato. Questo non viene mai meno anche quando certe dinamiche e linee della narrazione provocano nella mente del fruitore qualche déjà-vu di troppo, come ad esempio la questione del coro un po’ in stile Sister Act. Ciò che resta è un film estremamente easy, godibile dall’inizio alla fine e senza grilli per la testa, pienamente consapevole della sua natura e del suo compito.
Francesco Del Grosso