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Figari Film Festival 2014

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Breve bilancio dell’ultima edizione: ma non perdiamo tempo!

Chiunque si sia affacciato alle serate del Figari Film Fest avrà avuto modo di familiarizzare, anche quest’anno, con una frase di sicuro impatto: “Ma non perdiamo tempo!”. L’intercalare dello spigliato presentatore Cristian Galeone è infatti diventato una specie di marchio di fabbrica, per il piccolo festival organizzato in terra sarda; e tali parole sono forse le più idonee a introdurre quel clima scanzonato, informale e vivace, che ha caratterizzato sin dalla sua prima apparizione un simile appuntamento cinematografico.

Purtroppo noi non siamo stati certo all’altezza del buon Galeone: di tempo ne abbiamo fatto passare fin troppo, considerando che la quarta edizione del Figari Film Fest ha avuto luogo tra il 3 e il 6 luglio. Mentre adesso siamo addirittura a ridosso dell’equinozio d’autunno! Ma la scelta di scriverne ora e di scriverne ancora, dopo aver già analizzato su CineClandestino i lavori ritenuti più significativi, non è probabilmente del tutto sbagliata: così come i ricordi dell’estate appena trascorsa vanno immancabilmente sfumando, il desiderio di tenerne vivo qualcuno è più forte che mai. E per chi ha la fortuna di parteciparvi, l’evento programmato già da qualche anno a Golfo Aranci rientra sicuramente tra quei ricordi che uno vorrebbe tenersi vicini il più a lungo possibile. Che sia arrivato il momento di parlarne un po’ più dettagliatamente? Può essere. Ma non perdiamo tempo!

L’esperienza del Figari FF ha a che fare con la valida selezione di corti proposta al pubblico, come anche con la speciale atmosfera che si viene a creare naturalmente tra gli ospiti, siano essi film-makers, attori, fotografi, organizzatori di festival, giornalisti cinematografici o altri addetti ai lavori. Della serie: le isterie, i divismi esagerati e i tappeti rossi lasciamoli pure a Venezia, Roma, Berlino, Cannes, dove a volte si vede il più oscuro dei cinefili trasformarsi in un animale bilioso e aggressivo, dopo 9 o 10 ore consecutive di proiezioni, sicché tali inviperiti soggetti offrono poi il loro lato peggiore davanti alle fameliche telecamere di Marzullo; o anche solo sorseggiando un caffè al bar assieme ad altri spettatori, qualora questi non abbiano valutato allo stesso modo il piano sequenza conclusivo del film libanese di turno.
Per fortuna a Golfo Aranci non funziona così. Dovendo condensare il nostro “Sardinian Graffiti” in un rapsodico elenco, sono tante le immagini che ci vengono in mente. A partire dalle mattinate in spiaggia, durante le quali ci si è ritrovati a confrontare le proprie esperienze cinematografiche sotto l’ombrellone per poi magari impugnare i racchettoni, essere reclutati in una improvvisata squadretta di beach volley o tuffarsi in acque cristalline, davanti a paesaggi da favola. Oppure è capitato che si finisse a ballare sotto le stelle gomito a gomito con giurati come Maccio Capatonda e Salvatore Esposito, il Genny Savastano della serie Gomorra, travolti anche loro dal ritmo della musica e delle spensierate notti sarde. Senza contare poi i workshop. Se nel 2013 era stato il turno del giovane film-maker toscano Adriano Giotti, capace in pochi incontri di suggerire valide idee su come si costruisce la sceneggiatura di un corto, quest’anno l’appuntamento ha preso addirittura una piega internazionale: all’Acting Lab di Danny Lemmo, membro a vita dell’Actors Studio di New York, hanno partecipato con entusiasmo alcuni giovani attratti da un approccio diretto e intenso con la recitazione. E sui cortometraggi da noi visionati puntualmente la sera non c’è proprio nulla da aggiungere? Al contrario… ma non perdiamo tempo!

Ci sarebbe fin troppo da dire, infatti, sui serrati blocchi di cortometraggi proiettati ogni sera in suggestivi spazi all’aperto. Come negli anni precedenti la selezione operata dall’energico direttore artistico Matteo Pianezzi e dai suoi più fidi collaboratori ha prodotto innanzitutto una certa varietà di approcci: dalla docu-fiction più sperimentale all’animazione, dal cortometraggio di impegno sociale a quello dotato dell’umorismo più irriverente, in Sardegna ha trovato spazio veramente di tutto. In un certo senso anche noi abbiamo operato una selezione, un personalissimo “Best Of”, commentando a tappe su Cineclandestino i vari Sexy Shopping di Antonio Benedetto e Adam Selo, Il passo della lumaca di Daniele Suraci, Mr. Bear di Andres Rosende, SENZaria di Massimo Loi & Gianluca Mangiasciutti, Un uccello molto serio di Lorenza Indovina e Carrozzella negra di Mario Savina ed Emanuele Lucci. Quest’ultimo lavoro, peraltro, ci offre lo spunto per un paio di precisazioni: innanzitutto ci fa piacere segnalare che da venerdì 26 settembre il divertentissimo e provocatorio cortometraggio sarà visibile anche on line, sulla piattaforma di Youtube; e poi vogliamo rimarcare per l’ennesima volta quel Premio del Pubblico conferitogli a Golfo Aranci che, da spettatori, abbiamo accolto con particolare soddisfazione, rispetto ad altri premi la cui assegnazione ci ha convinto decisamente meno.

E così, quatti quatti, siamo già passati a commentare l’operato della giuria: una serie di scelte che solo in parte ci sentiamo di appoggiare. Ma il giudizio cinematografico è anche questo, soggettività, per cui è preservando tale consapevolezza nella testa che l’angolazione differente dalla quale si sono espressi i giurati ci spinge, tutt’al più, a una bonaria tiratina d’orecchie. Nella fattispecie nessuna obiezione riguardo al miglior interprete, individuato in Rolando Ravello: irresistibile maschera comica che ha saputo ben parafrasare, in Un uccello molto serio, le incredibili ansie di un uomo che arriva a fare davvero di tutto pur di celare un tradimento occasionale alla moglie, ansie opportunamente estremizzate e spinte verso esiti paradossali. Così come, all’interno di un concorso internazionale mediamente piuttosto valido, ci fa piacere che sia stato premiato lo humour macabro di Mr. Bear.
Le dolenti note cominciano invece col concorso relativo alla Sardegna, nel senso che nella ristretta lista dei corti autoctoni ce n’erano almeno un paio, a nostro avviso, più meritevoli di quello premiato. Intendiamoci, sia da un punto di vista etico che ideologico la ricerca condotta da Joe Bastardi in Un atto di dolore è qualcosa di meritevole, da appoggiare, in quanto allude senza peli sulla lingua agli abusi sessuali compiuti nell’isola da un sacerdote, protetto poi come sempre dalle gerarchie ecclesiastiche. Il problema è qui nelle troppe ingenuità a livello di messa in scena e conduzione del racconto, racconto poggiato peraltro su alcune prestazioni attoriali alquanto improvvisate, davanti all’obiettivo della videocamera, da cui il rischio che l’esposizione di un caso così grave perda strada facendo mordente e credibilità. Ma le maggiori perplessità ce le ha lasciate senza alcun dubbio il premio per il miglior cortometraggio italiano, andato a Recuiem di Valentina Carnelutti. Curiosamente ci troviamo ora di fronte a visioni e giudizi diametralmente opposti: quello che dai giurati è stato indicato quale miglior film, per noi era il peggiore del lotto. E ci dispiace pure per Valentina Carnelutti, che stimiamo sinceramente come attrice e quale fiera sostenitrice del cinema indipendente, ma questa prova da regista ci è sembrata davvero insostenibile; sia per quella tempistica così sfiancante, ripetitiva, sfibrata, che contraddistingue il suo corto, sia per la particolare angolazione da cui viene introdotta un’elaborazione del lutto a misura di bambino, che ci è suonata autentica quanto un rublo americano o un dollaro sovietico. Come a dire: un corto da “falsari delle emozioni”, a nostro avviso.
Fatta questa rapida carrellata di cortometraggi, coi pur leciti appunti sulle affinità-divergenze tra noi e la giuria a coronare il tutto, ne abbiamo dette davvero tante. E con questo speriamo di aver reso, almeno in parte, l’esperienza di una manifestazione cinematografica che si segue sempre con grande partecipazione. Pertanto l’invito da rivolgere agli organizzatori resta quello degli anni passati: ma non perdiamo tempo! C’è tutta una nuova edizione del Figari Film Fest da preparare, per l’estate del 2015.

Stefano Coccia

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