Uno sgradito ritorno
Arriva dicembre e puntuali spuntano come funghi le classifiche di fine anno, con gli addetti ai lavori e i cinefili incalliti che come da tradizione si fiondano a spulciare tra le liste dei migliori film dell’annata di turno stilate dalle testate più autorevoli del settore. Tra queste non può mancare quella dei Cahiers du cinéma che, pur non essendo più quella dei Bazin, dei Truffaut e dei Godard ma nemmeno quella dei Daney o degli Assayas, continua comunque ad avere un peso rilevante nel mondo della Settima Arte. Ecco perché anche per il 2024 siamo andati a scorrere la sua top ten, scoprendo con grandissimo piacere che sul gradino più alto del podio, davanti a film come May December di Todd Haynes, In Water di Hong Sang Soo e La zona d’interesse di Jonathan Glazer, si è andata a collocare a sorpresa una pellicola della quale si era sentito parlare un gran bene in occasione delle apparizioni festivaliere in quel di Cannes, Toronto e Monaco.
Si tratta di Miséricorde, l’ultima fatica dietro la macchina da presa di Alain Guiraudie, da noi visto e apprezzato in occasione della presentazione in concorso alla 34esima edizione del Noir in Festival, laddove si è tenuta l’anteprima italiana che precede la futura uscita nelle sale nostrana grazie a Movies Inspired con il titolo L’uomo nel bosco. Ad accompagnare la proiezione alla kermesse milanesel’attore Félix Kysyl, che nel film veste i panni di Jérémie, un trentunenne che torna nella sua città natale per il funerale del suo ex capo, il fornaio del villaggio di Saint-Martial nel Sud della Francia. Quando decide di fermarsi qualche giorno in più per stare vicino a Martine, la vedova del panettiere, non sa che ben presto si troverà al centro di una serie di eventi del tutto inaspettati. Una misteriosa scomparsa, un vicino minaccioso e un abate dalle bizzarre intenzioni animeranno un po’ troppo il suo breve soggiorno nel piccolo paese di campagna.
Il regista di Villefranche-de-Rouergue firma un’opera che per tematiche, atmosfere, ambientazioni, intrecci e modus operandi, pare essere il lato b del suo pluri-premiato thriller erotico Lo sconosciuto del lago. Anche in Miséricorde – per l’uscita italiana L’uomo nel bosco – ci si trova a fare i conti con una materia narrativa e una serie di personaggi dalla natura ambigua e fluida che convergono in una storia che ruota e si sviluppa intorno a dei tag ricorrenti nella filmografia di Guiraudie, ossia segretezza, doppi sensi, bugie, verità e potere del desiderio. Proprio quest’ultimo rappresenta il baricentro drammaturgico e la parola chiave che apre tutte le porte di accesso alla vicenda narrata e agli armadi in cui sono nascosti gli scheletri, i misfatti e i non detti delle figure coinvolte, a cominciare da quella del protagonista, che in quanto ad ambiguità e capacità di occultamenti riporta la mente al mister Ripley di Patricia Highsmith. Tutti i personaggi che si affacciano sullo schermo, a cominciare da Jérémie, hanno e coltivano segretamente uno o più desideri, alcuni dei quali inconfessabili, sotterranei, sottostimati e non consumati. Quei pochi restanti sono invece destinati a venire a galla in un thriller che thriller non è, di un giallo che giallo non è, di un poliziesco che poliziesco non è e di un noir che noir non è. Non lo è perché nel DNA di Miséricorde ci sono i geni, gli archetipi e gli stilemi di ciascuno di essi, che confluiscono in un mix di generi che si tinge pure di dramma e di commedia, dando forma e sostanza a una scrittura ibrida e camaleontica che offre al fruitore cambi di registro, battute al vetriolo e colpi di scena improvvisi e impensabili.
É nel non esplicitato che il regista francese come da abitudine costruisce l’architettura narrativa e le dinamiche che animano il suo cinema e che in Miséricorde rappresenta il punto di forza e il cuore pulsante. Un cinema che lascia di fatto ampio spazio all’interpretazione dello spettatore, che gli chiede di farsi una propria idea su quanto accade e sulle sue conseguenze. Un cinema libero in tutto e per tutto, a cominciare dalla scelta di sconfinare tra un genere all’altro, senza necessariamente dovere sottolineare il passaggio. Un “gioco” al quale anche gli attori e le attrici coinvolti/e, tra cui il già citato Kysyl e la sempre straordinaria Catherine Frot, si prestano e offrono un validissimo contributo.
Francesco Del Grosso