Un giustiziere in Salento
Nelle sale dal 28 novembre, The Garbage Man di Alfonso Bergamo è la dimostrazione sia di come il livello delle produzioni indipendenti italiane possa volare alto, sia della vitalità di un filone cinematografico particolarmente vispo come il revenge movie, che gioca su determinati archetipi ma offre al contempo interessanti spazi di manovra e soluzioni drammaturgiche meno prevedibili o in ogni caso “alternative”. Qui la dissonanza è evidente sin dalla scelta del protagonista: un netturbino, che in paese conoscono solo come Man, nel cui passato si intravvedono trascorsi violenti ma che ha comunque scelto di non reagire alle continue angherie del boss locale, impersonato con istrionico e fosco carisma dal navigato Tony Sperandeo. Geniale è invece aver affidato un personaggio come Man al bravo Paolo Briguglia, attore il cui fare così introverso si pone in apparente contrapposizione con le azioni terribili che dovrà compiere, quando la misura sarà colma. Un antieroe in piena regola. Capace poi, con quel volto da ragazzo pulito, di passare repentinamente dallo smaltimento rifiuti all’eliminazione, letterale, di quei rifiuti della società fatti fuori senza pensare troppo alle conseguenze sul proprio futuro, ma mettendo a frutto in modo pirotecnico le sue precedenti esperienze da geniere nell’esercito…
Ecco, a scatenare la furia dell’insospettabile vendicatore saranno ad ogni modo i torti sempre più gravi inflitti dalla spietata gang locale non a lui ma alle persone più care: la madre, l’amico di colore, l’eccentrico collega americano della nettezza urbana (interpretato da un sornione e convincente Randall Paul) con al seguito la bella e altrettanto disillusa figlia, una Roberta Giarrusso che si conferma tra le attrici italiane più lanciate, grintose e magnetiche del momento.
Per un film del genere azzeccare il casting è già una gran cosa, se si vuole ottenere l’attenzione del pubblico. Sin dal primo piano sequenza nel locale del mafioso Sperandeo, però, Alfonso Bergamo dà prova di non possedere soltanto una certa, apprezzabile asciuttezza sul piano narrativo, ma anche una conoscenza del mezzo cinematografico tale da consentirgli di giocare in modo non banale con la costruzione di ogni ripresa. La raffinata architettura delle singole inquadrature si sposa poi con una dimensione notturna cupa e a modo suo fascinosa. Contrariamente a molte produzioni indipendenti più grezze, spartane e sciatte, da questo punto di vista, le riprese effettuate di notte sono qui assai nitide e rendono ancora più smagliante, verso la fine, il bagliore della rivolta condotta a suon di trappole ed esplosioni dall’ormai furente protagonista.
The Garbage Man è ambientato in una località del meridione italiano che rimane imprecisata, per quanto sia noto che Campi Salentina abbia ospitato parecchi set del film in questione. E al di là del legame forte creatosi col territorio, al di là dell’indubbia abilità nel maneggiare il genere di riferimento, il plot del lungometraggio ha buon gioco proprio nel descrivere ed esorcizzare un certo scoramento del popolo italiano, specie in quelle zone, nei confronti della cronica difficoltà ad ottenere giustizia. La scena in cui il protagonista si rivolge ai Carabinieri incrociandone però uno visibilmente colluso è in tal senso emblematica. Laddove, perciò, i furbi e i corrotti sembrano imporre la legge del più forte, la pericolosa tentazione di farsi giustizia da soli non può tardare ad affacciarsi. Con gli esiti ugualmente traumatici che è fin troppo facile immaginare.
Stefano Coccia