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Dopo l’amore

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VOTO: 7.5

Quello che resta

C’è una scena, in L’économie du couple (Dopo l’amore il titolo italiano, l’uscita del film è prevista per gennaio 2017), in cui tutta la tensione, il distacco e la frustrazione accumulatesi in precedenza esplodono in un ballo (e un pianto) liberatorio. Nelle lacrime di Bérénice Bejo, c’è tutta la tristezza e l’inevitabilità di una pellicola che, mettendo in scena la quotidianità fredda e spietata di una separazione, ne tira fuori il dramma che ne sta dietro, i sentimenti, veri, che la abitano.
É un senso persistente di perdita quello che aleggia, luttuoso, sul film di Joachim Lafosse, presentato al Torino Film Festival 2016 nella sezione Festa Mobile e già passato all’ultimo Festival di Cannes. Una cappa soffocante che pesa su gesti, parole e azioni di Marie e Boris, marito e moglie che, dopo dieci anni, non hanno più niente in comune, niente da dirsi, niente da spartire se non le macerie del loro matrimonio e il destino delle loro due figlie.
Dov’è che va a finire l’amore? Davvero si perde tutto nelle liti, nei dissidi economici, nelle contese legali e affettive? Davvero tutto ciò che resta si abbassa al tentativo goffo e infantile di quantificare la perdita, di monetizzarla e razionalizzarla, uccidendo persino il ricordo di quello che è stato?
Il regista e autore belga non dà risposte, né si schiera con uno o con l’altro dei suoi personaggi – visti ora con affettuoso distacco, ora con partecipata ironia – ma li segue, ininterrottamente, nelle stanze di quella casa dove tutto è cominciato e tutto è finito, nelle liti e nei silenzi, nella parvenza di normalità e nel totale sconforto.
Non è affatto facile orchestrare relazioni e sentimenti nello spazio ristretto di quattro mura, restituendo il senso di un amore alla deriva. Lafosse sa farlo, e lo fa con una delicatezza e con uno sguardo non comuni, evitando saggiamente scene madri, isterismi o monologhi chiarificatori.
Alternando fragilità e desideri a sotterfugi e capricci, toni dimessi e irrisolti a fugaci sprazzi di felicità, il regista fotografa il piccolo grande dramma di una coppia che sa di non esserlo più, ma che cerca, cocciutamente, di rimandare l’inevitabile, inventandosi una convivenza forzata e distruttiva che non può che mietere vittime innocenti.
Tra sguardi, gesti e incomprensioni, L’économie du couple pare la discreta cronaca di un’amore perduto, tanto semplice e radicata alle piccole cose quanto grande e profondamente universale, come solo sa esserlo l’amore. O ciò che ne rimane.

Mattia Caruso

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