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Genitori quasi perfetti

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VOTO: 5

Cronache nefaste di un compleanno

La prossima volta che vuoi organizzare una festa di compleanno a tuo figlio, pensaci! Essere genitori è veramente il mestiere più difficile del mondo, anche le persone più sane ed equilibrate si ritrovano attanagliate da un costante senso di inadeguatezza, mossi da ansia da prestazione, dallo stress dello sguardo incombente degli altri. Per Simona, convinta di fare del proprio meglio, l’organizzazione della festa di compleanno per gli otto anni del suo Filippo si rivelerà un’occasione per rivalutare e mettere in discussione tutte le sue convinzioni, costringendola a misurarsi con altri tipi di genitori. Mentre i bambini giocano in salone intrattenuti dall’animatrice, i grandi si ritrovano in cucina e iniziano a studiarsi a vicenda, celandosi dietro ai soliti sterili convenevoli. Tra genitori troppo apprensivi, troppo alternativi, troppo vegani o troppo intellettuali, richieste stravaganti e piccoli segreti, la festa di Filippo prenderà una piega del tutto inaspettata.
Insomma un compleanno che i protagonisti di Genitori quasi perfetti sicuramente non dimenticheranno tanto facilmente, a differenza di noi spettatori che del film che ne mostra le nefaste cronache casalinghe faremo presto a meno. Non è tanto per ciò che racconta, ma per come lo racconta, ossia con un decrescendo che cuce insieme situazioni che portano all’inevitabile implosione. Percorso narrativo lineare, quello dell’opera seconda di Laura Chiossone, che finisce con il partorire il topolino, senza riuscire a scrollarsi di dosso lo scomodo impianto teatrale che diversamente nell’esordio, l’interessante Tra cinque minuti in scena, aveva rappresentato un punto di forza.
E infatti salvo una manciata di sortite in esterno tra le strade della città meneghina, di cui una danzeresca in stile per così dire bollywoodiano, che aprono e chiudono le ostilità genitoriali, lo scontro a tutto campo si consuma tra le mura domestiche. Stanze da letto, cucina, bagno e salotto diventano le sezioni di un “ring” nel quale le parole più dei gesti diventano lame a doppio taglio se affidate a un gruppo di genitori fuori controllo. Il tutto sotto gli occhi dei rispettivi figli, testimoni loro malgrado dell’operato e del pensiero di adulti che si dimostrano più immaturi della prole. Insomma, l’ennesimo “gioco al massacro” consumato in un’unità spazio-temporale che dà origine a un nuovo dramma da camera che affronta il tema dell’essere padre e madre, ma anche dell’essere figli, ai giorni nostri. Peccato che, nonostante le suddette argomentazioni, il film rimescoli dinamiche più volte messe in scena sul grande schermo, che richiamo il più recente Happy New Year, Colin Burstead di Ben Wheatley e in primis il riuscitissimo adattamento del Carnage di Yasmina Reza per mano di un Roman Polański particolarmente inspirato.
Ma se vuoi andare a segno con film circoscritti come questi, che fanno del cosiddetto “due camere e una cucina” tanto la cornice quanto il baricentro, allora devi avere alla base una scrittura davvero potente, sorretta in più di ogni altra cosa da un efficace impianto dialogico e da un cast in grado di dare un’ulteriore spinta propulsiva. In tal senso, Genitori quasi perfetti ha a disposizione un parco attori variegato e convincente (su tutti la coppia Paolo Calabresi e Lucia Mascino), nonostante gran parte dei personaggi a loro affidati siano maschere disegnate per rispecchiare le specie genitoriali di nuova generazione ad oggi esistenti sulla faccia della Terra. Il risultato è una collezione stereotipata di modelli che mostrano le diverse facce della stessa medaglia. Ed è qui il primo ostacolo che si presenta sulla timeline e al quale si va ad aggiungere solo di rado l’appoggio purtroppo non determinante dei dialoghi, che vorrebbero essere al vetriolo ma che a conti fatti risultano meno scomodi e scorretti delle reali necessità drammaturgiche.

Francesco Del Grosso

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