Una faccia da cinema
Avevamo riflettuto spesso qui a CineClandestino, nel corso degli anni, su quanto potesse essere interessante pubblicare un’intervista a Carlo Delle Piane. Non ne abbiamo avuto la possibilità, un po’ perché Delle Piane nell’ultimo periodo è stato meno attivo per problemi di salute, in parte per mancati agganci. Capita. E ce ne rammarichiamo molto. A maggior ragione oggi che non c’è più. E’ stato un uomo che ha visto e vissuto la storia del cinema – non solo italiano – da una posizione privilegiata, quella dell’osservatore attivo. Non il protagonista accentratore, quello che da solo si carica sulle spalle l’intero peso di un lungometraggio con relativi onori ed oneri; piuttosto un caratterista “decentrato”, di quelli capaci di lasciare una precisa impronta partendo da un ruolo collaterale.
Aldo Fabrizi, Alberto Sordi, Totò, Vittorio Gassman, Walter Chiari – solo per citare alcuni colleghi illustri con cui Delle Piane ha lavorato in una carriera lunghissima e densa di titoli – sono stste le stelle accanto alle quali ha gravitato, con massima professionalità e dignità artistica, un interprete del suo calibro. Uno segnato da madre natura. Minuto, con viso irregolare e naso storto. Una meravigliosa faccia da cinema, insomma. Nata per riempire quel vuoto accanto ai divi. Coloro dei quali si chiacchierava in platea e nei bar dopo le proiezioni, che il pubblico ammirava dal basso verso l’alto. Però era con Delle Piane che si identificava appieno. E perché nella vita tutto ha un senso ultimo, è stato Pupi Avati, suo regista di riferimento, ad intuirne tali, imprescindibili, doti. Facendolo salire di livello. “Promuovendolo”, in un certo senso. Liberandolo dai cliché di certa commedia scollacciata all’italiana, che prevedeva l’impiego di interpreti maschili “diversamente affascinanti” accanto alle bellezze muliebri del momento tipo Edwige Fenech, con la quale Delle Piane ha lavorato in diverse pellicole. Eccolo allora nel da lui amatissimo ruolo, tanto per citare un titolo, del professor Carlo Balla in Una gita scolastica (1983), timido e innamorato senza soverchie speranze della bellissima collega impersonata da Tiziana Pini. Troppo bravo, troppo credibile in questi ruoli, Carlo Delle Piane. Per non suscitare nello spettatore il legittimo sospetto di metterci buona parte di se stesso e del suo vissuto. Un’energia particolare di cui il pubblico non poteva certo non accorgersi. Uno di loro, in pratica. Di noi, innamorati frustrati almeno una volta nella vita.
Tuttavia Avati, da regista intelligente quale si è sempre dimostrato, ha usato l’immagine rassicurante di Delle Piane anche per sorprendere e spiazzare gli appassionati del suo cinema. Rivedere di corsa Regalo di Natale (1986), per scoprire l’altro volto di un attore massimamente poliedrico, immerso in modo totale in una delle opere più pessimistiche e realistiche mai dirette da Avati. Una delle sue migliori, per inciso. Con twist finale che non ci si sarebbe aspettato, vergato in calce proprio dal nostro buffo e sgraziato Carlo Delle Piane, per l’occasione nei panni del giocatore di poker avvocato Santelia.
Oltre ad Avati, anche Steno, Monicelli, De Sica, addirittura il Roman Polanski di Che?. Un autentico compendio di cinema, una prevedibile miniera di storia e aneddoti che non siamo riusciti, purtroppo, ad esplorare in prima persona. Non sapremo mai, ad esempio, se Delle Piane apprezzasse fino in fondo il soprannome che gli era stato affibbiato, quel “Pecorino” utilizzato anche per denominare il suo personaggio ne L’amico del giaguaro (1959) di Giuseppe Bennati con Walter Chiari. Forse sì. Si addiceva ad un uomo semplice, genuino e spontaneo. Una persona che – raccontano le cronache – sui vari set non si risparmiava, andando ben oltre il suo naturale ruolo di interprete. Un uomo prezioso, insomma. Proveniente da un’altra epoca ormai all’inevitabile crepuscolo per meri motivi temporali. Sappiamo già che ci mancheranno molto entrambe, sia la persona chiamata Carlo Delle Piane che quel tempo ormai passato.
Daniele De Angelis