Chi trova un amico, (forse) trova anche un tesoro
Ancora prima di vederlo alla sua anteprima mondiale all’ottava edizione del Bif&st, dove è stato selezionato tra i dieci titoli in concorso nella sezione Panorama Internazionale, sulla carta il nuovo film da regista di Francesco Bruni aveva nel proprio DNA tre grandi motivi d’interesse, quelli che poi si sono rivelati i suoi punti di forza. Ma andiamo per gradi e scopriamo quali sono.
In Tutto quello che vuoi, nelle sale a partire dall’11 maggio con 01 Distribution, lo sceneggiatore e regista romano ha scelto di tornare alla commedia generazionale, quella con la quale aveva dato il via alla carriera dietro la macchina da presa nel 2011 con Scialla! (Stai sereno). Dopo la parentesi di Noi 4, che lo ha portato a confrontarsi nel 2014 con una dramedy a sfondo familiare che alterna momenti di solidità ad altrettanti di vistosa incertezza, Bruni riavvolge il nastro per tornare a calpestare quelle zone a lui più congegnali e dove sembra, a giudicare dai risultati, muoversi con più sicurezza. A confermarcelo arriva un film che, seppur costruito e sviluppato su e all’interno di schemi consolidati, riesce a conquistare il cuore dello spettatore e a calamitare a sè il favore del pubblico. Sono le emozioni, sincere e mai strappate con la forza, a permettere all’opera di fare in modo che ciò avvenga, così come il sano e intelligente divertimento che è capace di fare scaturire senza scendere mai a patti con volgarità gratuite o con l’urticante humour a buon mercato con il quale è sempre più facile imbattersi, specialmente nel panorama nostrano. Tutto quello che vuoi è una commedia delicata e semplice che fa delle scrittura e del disegno dei personaggi le colonne portanti, quelle che le consentono di intercettare e fare suo un pubblico variegato ed eterogeneo. In particolare, la presenza di personaggi come quelli dei due co-protagonisti, per i quali è impossibile non provare sin da subito un profondo affetto e un trasporto emotivo, riesce a fare passare in secondo piano un plot che a conti fatti potrebbe risultare non particolarmente originale data la sua natura drammaturgica e narrativa ampiamente codificata. Ciononostante, restiamo lì tutto il tempo a guardare sino all’ultimo fotogramma utile ciò che accade davanti ai nostri occhi, trascinati lungo la fruizione da folate di puro divertimento e da altre di commovente coinvolgimento.
Poi leggendo la sinossi e le note di regia ci accorgiamo che il tutto, anche se codificato e per alcuni (noi compresi) già visto, accoglie in sé qualcosa di estremamente intimo e di autobiografico che riesce in qualche misura a trasformare un film come tanti in qualcosa di sentito e personale. Tutto quello che vuoi è la storia di un incontro tra “mondi” distanti anni luce, destinati a gravitare poi nel medesimo “universo” affettivo. Alessandro è un ventiduenne trasteverino ignorante e turbolento; Giorgio un ottantacinquenne poeta dimenticato. i due vivono a pochi passi l’uno dall’altro, ma non si sono mai incontrati, finché Alessandro accetta malvolentieri un lavoro come accompagnatore di quell’elegante signore in passeggiate pomeridiane. Col passare dei giorni dalla mente un po’ smarrita dell’anziano poeta, e dai suoi versi, affiora progressivamente un ricordo del suo passato remoto: indizi di una vera e propria caccia al tesoro. Seguendoli, Alessandro si avventurerà insieme a Giorgio in un viaggio alla scoperta di quella ricchezza nascosta, e di quella bellezza celata nel suo stesso cuore.
Bruni confessa allo spettatore che la pellicola e la storia che in essa viene narrata sono piccoli-grandi capitoli di un romanzo che lo hanno toccato direttamente. Il Giorgio del film è, infatti, un ritratto romanzato di suo padre, che ne porta sullo schermo gli ultimi frammenti di vita. L’amore che lo sceneggiatore e regista trasmette al personaggio e attraverso quel personaggio si respira senza soluzione di continuità e consente a ciò che lo circonda di lasciarsi avvolgere e permeare del medesimo sentimento. Se poi quella figura viene affidata e cucita addosso a un uomo come Giuliano Montaldo, qui nelle vesti di attore e protagonista, tutte le difese immunitarie degli spettatori più scettici non possono che crollare. L’umanità e la naturalezza che il celebre regista ligure ha saputo donare al personaggio di Giorgio sono irresistibili e travolgenti. Il secondo grande motivo di interesse nei confronti di Tutto quello che vuoi era proprio quello di vedere di nuovo in azione Montaldo davanti la macchina da presa in un ruolo principale. Prima di esordire alla regia nel 1961 con Tiro al piccione, infatti, si era cimentato come attore in pellicole come Achtung! Banditi! (1952) e Cronache di poveri amanti (1954) (entrambi di Carlo Lizzani), alle quali seguirono poi altre fugaci apparizioni (tra cui quelle ne Il lungo silenzio di Margarethe Von Trotta o ne Il caimano di Nanni Moretti). La curiosità mista alla paura era tanta per quello che poteva apparire come un vero e proprio azzardo, ma la straordinaria performance che Montaldo ha restituito sullo schermo ha spazzato via tutto, lasciando un bellissimo ricordo nello spettatore. Lo stesso che il giovane esordiente Andrea Carpenzano (visto poi ne Il permesso – 48 ore fuori di Claudio Amendola) lascia calandosi nei panni di Alessandro. Anche nel suo caso la naturalezza e la spontaneità gli consentono di arrivare diritto al cuore del fruitore, dando origine e divertentissimi duetti con Montaldo. Era Carpenzano l’altro “oggetto” misterioso e motivo di interesse del progetto, ma a conti fatti si è dimostrato l’altra piacevole sorpresa del film, con Bruni che nello sceglierlo ha dimostrato ancora una volta di avere un bel fiuto (vedi il Filippo Scicchitano di Scialla!).
Francesco Del Grosso