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The Order

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VOTO: 7,5

La linea di sangue

Logiche di mercato non sempre chiare, dietro le quali si celano strategie a volte incomprensibili, hanno voluto che un film come The Order approdasse direttamente in streaming senza passare nelle sale italiane. Se oltreoceano è uscito nei cinema statunitensi lo scorso dicembre, a due mesi circa dall’anteprima mondiale nel concorso dell’81esima edizione Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, per l’ultima fatica dietro la macchina da presa di Justin Kurzel invece sugli schermi nostrani non c’è stato spazio, con il comparto audiovisivo di Jeff Bezos che ha scelto di distribuirlo direttamente su Prime Video a partire dal 6 febbraio 2025. Destino che il broadcaster a stelle e strisce ha riservato pure a un altro original transitato al Lido, che avrebbe meritato una chance sul grande schermo prima di approdare sulla piattaforma una settimana dopo la pellicola del regista australiano, quantomeno per il prestigio e il seguito cha ha colui che l’ha firmata, ossia Takeshi Kitano. Stiamo parlando di Broken Rage.
Dopo averlo visto e apprezzato, siamo ancora più convinti che la scelta presa sia stata errata rispetto a quelle che potevano essere e sono le potenzialità di The Order, un film a nostro modesto parere con tutte le carte in regola per guadagnarsi tale opportunità di visibilità e di fruizione. Se alle qualità artistiche e tecniche si vanno ad aggiungere i punti di forza in dotazione all’opera in questione, il torto fatto è ancora più evidente e al contempo commercialmente poco lungimirante. Da una parte avevi da spendere nomi del calibro di Jude Law e Nicholas Hoult nel cast, ai quali sono stati affidati i ruoli principali che i due attori hanno interpretato in maniera straordinariamente coinvolgente. Dall’altra l’opportunità offerta dai contenuti e dalla vicenda narrata per scavare fino alle radici della profonda scissione che ha trasformato l’America di ieri nell’America di Trump. Quello di Kurzel è infatti un film che denuncia i tempi bui che gli Stati Uniti e di riflesso il resto del mondo stanno vivendo, la cui visione è utilissima a capire l’oggi. Lo fa creando un ponte tra il passato e il secondo mandato del neo-rieletto Presidente, riavvolgendo le lancette dell’orologio per raccontare la genesi dell’odio che è arrivato a muovere con molta probabilità le azioni di coloro che nel 2021 assaltarono Capitol Hill. Dimostrazione che il sentimento che lo incarna proviene da molto lontano, per l’esattezza dall’ascesa e della caduta di Robert Matthews, leader di una frangia neonazista americana che, nei primi anni Ottanta, ha cercato di trasformare il nordovest americano in un “bastione bianco” e di dichiarare guerra al governo federale degli Stati Uniti attraverso atti criminosi, quali rapine e attentati, in una escalation destinata ad approdare all’insurrezione armata. Tutto ciò evidentemente ha lasciato degli strascichi che si sono propagati sino al presente, tanto che i punti di contatto della storia narrata nella pellicola con l’attualità risultano essere tangibili ed evidenti in un Paese profondamente diviso, nel cui tessuto sociale serpeggiano pulsioni e divisioni pronte a manifestarsi in maniera concreta con nomi, etichette diverse e sotto forme diverse quali complottismi, fake news, antisemitismo, ideologie fondamentaliste, politica dell’odio e Potere Bianco.
Ed è da questo magma incandescente che nasce e parte The Order, il cui titolo richiama l’omonimo gruppo di estrema destra tra i più potenti e pericolosi d’America, responsabile di una serie di attacchi terroristici tra il 1983 e 1984 che puntava a stabilire una grande nazione ariana per proteggere i cristiani bianchi dall’oppressione delle altre razze attraverso la promozione di una retorica antirazziale, antisemita e neonazista. Il cineasta di Gawler, con la complicità e le competenze in materia di Zach Baylin in fase di scrittura, rievoca le pagine di quel romanzo criminale appoggiandosi alla preziosa documentazione messa a disposizione dello script dal saggio giornalistico (inedito in Italia) The Silent Brotherhood: The Chilling Inside Story of America’s Violent, Anti-Government Militia Movement, di Kevin Flynn e Gary Gerhardt del 1989. Da qui ha preso forma e sostanza un period-drama curato nella confezione che si avvale degli stilemi del poliziesco, intrecciando in maniera efficace la cronaca fedele degli eventi alla finzione, creando una narrazione avvincente che raggiunge picchi febbrili di tensione nelle scene più concitate, quando dalle minacce si passa ai fatti come nel caso delle rapine ai portavalori, della sparatoria nel motel e del faccia a faccia nella villa in fiamme. A questo Kurzel, salvo le parentesi ludiche e shakesperiane di Assassin’s Creed e Macbeth poco esaltanti, ha dimostrato di sapere dare un seguito efficace con delle indagini antropologiche e sociali attraverso il racconto di storie di violenza. Ecco che The Order va a inserirsi in quel solco che il cineasta australiano ha iniziato a scavare nel 2011 con Snowtown, proseguendo il discorso con True History of the Kelly Gang prima e con Nitram poi.

Francesco Del Grosso

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