Wild Wild West
Non è più un evento straordinario, ormai, quando all’interno di un festival cinematografico viene presentata una serie televisiva. Se, infatti, ripensiamo alla 73° Mostra del Cinema di Venezia, non possiamo non ricordare la proiezione in anteprima delle prime due puntate della serie The Young Pope, firmata Paolo Sorrentino. Per non parlare di quando – in occasione della 67° Berlinale – è stata restaurata e proiettata per la prima volta Acht Stunden sind kein Tag, capolavoro inedito di Rainer Werner Fassbinder. Solo un anno più tardi, invece, ecco che – sempre all’interno della storica manifestazione lidense – troviamo una nuova serie, questa volta addirittura in concorso e, finalmente, nella sua versione integrale. Stiamo parlando di The Ballad of Buster Scruggs, realizzata da Joel e Ethan Coen, nonché uno degli eventi maggiormente attesi di tutta la 75° Mostra d’Arte Cinematografica, presto disponibile su Netflix.
The Ballad of Buster Scruggs è una singolare serie antologica divisa in sei parti, di ambientazione western, che strizza l’occhio anche agli stessi western anni Sessanta e, nello specifico, ai nostri spaghetti western. E così, immediatamente dopo i titoli di testa, vediamo le pagine di un libro – con un orecchiabile motivetto country in sottofondo – aprirsi di volta in volta su un capitolo diverso, il quale, a sua volta, ci viene introdotto da un’illustrazione dal sapore rétro. Ed è a questo punto che inizia lo spettacolo vero e proprio.
Con il loro solito tono scanzonato e divertito, i due fratelli di St. Louis Park optano per una vera e propria partenza in quarta, regalando allo spettatore – giusto per iniziare – la storia bizzarra ed esilarante del fuorilegge Buster Scruggs, appunto, spensierato cow boy che non esita a bucare la quarta parete per comunicare direttamente con il pubblico e che, con le sue straordinarie doti da pistolero, riesce a far fuori chiunque intralci la propria tranquillità, con fare quasi tarantiniano. Una partenza fulminante, dunque, per un lavoro che, malgrado la sua lunga durata complessiva, non perde mai di mordente, pur cambiando pian piano i toni, fino ad arrivare addirittura a un ritratto malinconico e contemplativo del vecchio West, il quale, a sua volta, in poco più di due ore ci viene descritto in modo talmente accurato e dettagliato in ogni sua realtà – e, soprattutto, attraverso sguardi carichi di affetto – come raramente è accaduto in passato. Il risultato finale è un prodotto divertente, dinamico e bizzarro, ma anche, quando serve, duro, commovente ed emozionante, in grado di trasmettere in soli centotrentuno minuti fortissime emozioni.
Sono solo sei i capitoli di The Ballad of Buster Scruggs. Eppure, anche al termine della visione, si sarebbe ancora potuti andare avanti per ore. Una sfida nuova, questa, per i registi, i quali non dirigevano dal 2016, con il brillante Ave, Cesare!. Una sfida nuova che, però, è stata vinta con successo e che, come di consueto per il loro cinema, sta a dimostrare ancora una volta quanto gli stessi si divertano a giocare con il mezzo cinematografico. Segno che la Settima Arte ha (anche) la capacità di non fare invecchiare mai.
Marina Pavido