I Vanzina si tingono di giallo
<<Lo sai, fare l’amore con te
è come bere in un bicchiere di carta:
non senti il gusto>>
Mystère a Visone
Carlo (1951-2018) ed Enrico (1949) Vanzina, figli del celebre Steno (Stefano Vanzina, 1917-1988), nella loro lunga carriera di ditta cinematografica hanno sfornato oltre sessanta pellicole, ottenendo frequentemente ottimi incassi al box-office. Definiti, sebbene con molte critiche avverse, prosecutori della commedia all’italiana, al netto delle volgarità spesso gratuite e della sciatteria stilistica di molte loro pellicole, è innegabile che, almeno in qualche scena e alcune battute, sono stati capaci di fotografare al meglio l’essenza della società italiana degli anni Ottanta e degli anni Novanta. In media hanno sfornato due film l’anno, ma il 1983 è stato quello più corposo, con ben quattro pellicole: due divenute di culto, mentre le altre due sono state meno fortunate. Vacanze di Natale, rivalutato da parte della critica con il trascorrere del tempo, è il capostipite “serio” dei futuri cine-panettoni; Sapore di mare, probabilmente la loro opera più compatta, a suon di canzoni e con un cast azzeccato riesce a (ri)creare la giusta nostalgia per una certa Italia degli anni Sessanta; Il ras del quartiere è stato il film che ha evidenziato la fine del terrunciello di Diego Abatantuono, spremuto al massimo nei due anni precedenti; infine c’è Mystère, il primo giallo targato Vanzina Brothers.
Nella loro vasta filmografia ci sono ben cinque gialli: il già citato Mystère, Sotto il vestito niente (1985), Tre colonne in cronaca (1990), Squillo (1996) e Sotto il vestito niente – L’ultima sfilata (2011). Chiaramente i risultati qualitativi sono stati sempre dozzinali, ma queste escursioni fuori dalla prediletta commedia (all’italiana) erano un modo per smarcarsi da quel loro cinema “provinciale”, tentando di affacciarsi ai mercati internazionali utilizzando un genere fruibile anche fuori dai confini nazionali. Tra questi cinque thrilling vanziniani, probabilmente il “migliore” resta proprio Mystère, poiché le vistose carenze possono essere attribuite all’ingenuità dei commedianti Vanzina nel nuovo genere. Giallo con killer e uccisioni, la pellicola è meno efferata rispetto a quelle di Argento o Bava, perché l’interesse dei Vanzina è maggiormente rivolto ai cliché dell’intrigo, sebbene li ripropongano senza originali arrangiamenti e puntando al citazionismo. L’ispirazione per Mystère sembra che sia venuta al duo dopo la visione di Diva (1981) di Jean-Jacques Beineix, thriller/commedia che s’ispirava al cinema americano di Serie B. Scandito in sei “capitoli” (prologo, svolgimento in quattro giornate ed epilogo), Mystère ha uno schema (con tanto di diciture in sovrimpressione) che ricalca molto cinema investigativo americano, ma soprattutto rimanda all’assetto del romanzo “Sotto il vestito niente” di Paolo Pietroni, uscito proprio in quel 1983, e nel film c’è persino una battuta della protagonista che rileva come i Vanzina già erano a conoscenza del libro (Mystère: “Sotto il vestito non ho proprio niente”). Trama pseudo politica (assassinio iniziale che rievoca quello di Kennedy e killer russi), la narrazione rapidamente si sposta sulle schermaglie e le effusioni tra i due personaggi protagonisti, proprio come quei romanzi hard-boiled di facile consumo. In Mystère gli aspetti più efficienti sono il concitato inseguimento d’auto che termina nel Tevere, decadi prima di quello che ci sarà in Spectre (2015) di Sam Mendes, e qualche dialogo dalle sfumature americane (quella posta in esergo è un valido esempio). Carole Bouquet è affascinante, adatta al ruolo di una calcolatrice prostituta d’alto bordo, ma purtroppo i Vanzina non sono riusciti a costruire un personaggio più sfaccettato, e rimane soltanto lo splendore dell’attrice francese. La scelta della Bouquet, in quel momento al top della carriera cinematografica, essendo stata Bond Girl in Solo per i tuoi occhi (For Your Eyes Only, 1981) di John Glen, evidenzia il fattore esportazione del film, ma benché interpreti una prostituta, non si spoglia mai, e la si può ammirare semidiscinta solo nel riflesso di un vetro. Più efficace, e soprattutto simpatica, la breve partecipazione di Peter Berling, nel ruolo di un ricco turista tedesco laido che paga Mystère e con la bionda collega Pamela (Janet Agren) per del sesso a tre (la Bouquet, prima di abbassarsi per una fellatio – fuori campo – è visibilmente divertita e non nasconde il riso). Gli elementi che affossano il film, però, sono una trama poco credibile, con l’assassino che riesce a trovare al primo colpo la prostituta bionda tra centinaia di prostitute, oppure con Mystère, peripatetica d’alto bordo con Ferrari, che batte per strada. A ciò si aggiungono alcune scene goffe, come ad esempio l’inseguimento in metro, che termina in maniera totalmente ridicola, oppure la morte dell’assassino nella vasca da bagno. Altra scelta che non giova, è Phil Coccioletti, attore di telefilm americani, poco espressivo e per nulla simpatico. Peccato che il produttore Goffredo Lombardo abbia imposto un happy-end, benché beffardo (e aperto a un probabile seguito); i Vanzina avevano avuto la giusta intuizione nel voler far terminare la trama in modo secco, all’aeroporto.
Roberto Baldassarre