Quo vadis, James Bond?
Sembra paradossale, ma già da tempo i film della saga dell’agente 007 possono essere paragonati solamente a loro stessi e a null’altro. Questo per sottolineare ulteriormente l’unicità di un ciclo di lungometraggi andato incontro, nel corso dei decenni, a flessioni che sembravano definitive e inaspettate rinascite, per tacere degli inevitabili cambi di interprete, da cui scaturivano dubbi esistenziali da parte degli appassionati. E si può affermare con ragionevole certezza che il processo di rivitalizzazione intrapreso con l’arrivo di Sam Mendes in cabina di regia sta dando i suoi palesi frutti. 007 Spectre, ultimo film realizzato, si colloca un gradino sotto l’eccellente Skyfall – vero e proprio spartiacque della saga, per mille motivi a partire da un “ritorno alle origini” dell’agente di Sua Maestà pregno di catartico dolore – ma mantiene intatta tutta la sua carica di sensuale spettacolarità.
Già dalla prima sequenza, ambientata in una affollatissima Città del Messico, si comprende alla perfezione come la gara con i film precedenti sia iniziata, con l’asticella del cardiopalma posto qualche tacca più in alto. Seguono, dopo il prologo, splendidi titoli di testa, con immagini sotto forma di schegge che si proiettano sullo schermo di personaggi e situazioni passate dell’epoca bondiana. Il tutto con la suadente canzone di successo “Writing’s on the Wall”, cantata da Sam Smith. L’incipit è tutto, ormai lo spettatore è conquistato. La sovrascritta iniziale, che può essere usata a mo’ di sottotitolo, The Dead Are Alive riassume i significati reconditi del film. Soprattutto con riferimento ad un preciso personaggio. Se poi il cattivo in questione è impersonato da quell’istrione di illimitato talento rispondente al nome di Christoph Waltz si potrebbe dire di essere già alla fatidica metà dell’opera. In Spectre certamente la ricetta-Bond si adagia su binari maggiormente convenzionali rispetto a Skyfall: tuttavia, proprio per tale motivo, potrebbe incontrare un gradimento persino superiore da parte dei fan. Non mancano però i piccoli scarti verso un futuro forse imprevedibile: James Bond (sempre Daniel Craig, ormai a proprio agio persino a declamare battute ironiche: chi lo avrebbe mai ipotizzato…) è folgorato sulla via di Damasco dal fascino irresistibile di una Léa Seydoux mai così sexy, tanto da meditare un possibile ritiro a vita privata. Magari mettendo pure su famiglia. Potrebbe essere uno sviluppo tanto interessante quanto sottilmente trasgressivo per il futuro. C’è anche Monica Bellucci, ma sempre confinata in ruolo da orpello di lusso; non a caso il segmento narrativo più fiacco e prevedibile di Spectre è proprio quello che la coinvolge direttamente. Tra Lèa e Monica, nel film, non c’è match. E non certo per questione di età, ma di spessore di ruolo.
Lo strombazzato omaggio a Roma è consistito nell’ambientare nella Città Eterna una riunione della sfuggente organizzazione terroristico-finanziaria che dà il titolo al film, consueta nemesi bondiana. Ringraziamo: comunque, dopo Suburra, è un passo avanti. Segue inseguimento notturno in auto tra il Colosseo, San Pietro e Lungotevere. Le bellezze mozzafiato della location non possono non funzionare. Verso la fine Mendes osa pure un palese sconfinamento nell’horror, con Bond alle prese con un’innovativa tipologia di tortura perpetratagli dal soave Waltz, peraltro legato a lui da un risvolto più o meno a sorpresa che non sveleremo. Rispondendo perfettamente al motto “molti nemici, molto onore” gli sceneggiatori inseriscono anche un avversario all’interno della struttura segreta sino ad allora capeggiata da Mallory/Ralph Fiennes; il pericolo inizialmente pare l’incarnazione della più bieca burocrazia, ma in realtà nasconde altro. Del resto la doppiezza narrativa è prerogativa strettissima di un qualsiasi action spionistico. Permane il mistero, nel finale, su cosa farà Bond “da grande”. Preventivamente – cioè prima di aver visto Spectre – avremmo risposto volentieri che sarebbero stati affari suoi. Ora non possiamo far altro che confessare un discreto interesse nell’evoluzione della cosa.
Diavolo di un James Bond….
Daniele De Angelis