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Mickey 17

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VOTO: 7.5

…E la Storia si ripete

Tutti ricorderanno il grande successo di Parasite (2019), che ha fatto del cineasta sudcoreano Bong Joon Ho (finalmente!) uno dei registi più acclamati del momento. Bene. Però, come ben sappiamo, dopo un successo di tale portata è sempre difficile per un artista mantenere alta l’asticella, in modo da non deludere il proprio pubblico. Una delle migliori strade da percorrere, in tal senso, potrebbe essere, ad esempio, quella del cambio di registro. E proprio così, dunque, ha fatto il nostro Bong Joon Ho, che con il suo Mickey 17 – presentato in anteprima mondiale in occasione della 75° edizione del Festival di Berlino, all’interno della sezione Berlinale Special Gala – è ritornato al suo amato genere della commedia attraverso una storia di fantascienza ambientata in un ipotetico, “estremo” futuro.

Protagonista di Mickey 17 è, dunque, il giovane Mickey Barnes (impersonato da Robert Pattinson), il quale, dopo una disavventura con un usuraio, decide di sfruttare la possibilità di abbandonare per sempre la Terra, trasferendosi su un altro pianeta e aderendo, così, al progetto dell’ambiguo politico Kenneth Marshall (Mark Ruffalo) di fondare una “società ideale”. Il compito di Mickey, tuttavia, sarà proprio quello di “morire per lavoro”: egli dovrà morire un’infinità di volte per poi essere ricostruito e rinascere grazie a un innovativo macchinario, al fine di far sperimentare nuovi vaccini. Ma cosa accade nel momento in cui, per errore, egli viene clonato perché creduto morto da tutti e, oltre a confrontarsi con il proprio doppio dovrà anche affrontare i “Creepers”, strani esseri viventi che popolano il pianeta in cui gli umani si sono da poco insediati?
Bizzarro, divertente, a tratti addirittura esilarante e carico di adrenalina, Mickey 17 (che prende il titolo proprio dal nome dato al protagonista dopo essere “rinato” per la diciassettesima volta) è un lungometraggio sì gradevole, ma anche estremamente attuale e graffiante, che attinge a piene mani da quanto realizzato in passato, traducendosi, come per magia, nel cinema di Bong Joon Ho allo stato puro.
Già, perché, di fatto, questo ultimo lavoro del regista sudcoreano non soltanto ha chiari rimandi a Ray Bradbury e alle sue leggendarie Cronache Marziane, ma, per attualizzare il tutto, attacca direttamente lo stesso Donald Trump (particolarmente ben scritto il personaggio di Ruffalo e il suo ambiguo rapporto con la moglie Ylfa, impersonata da Toni Collette) e l’umanità in generale, con tutto il suo desiderio di potere e la sua arroganza che abbiamo imparato a conoscere già prima dei tempi del colonialismo.

E poi, naturalmente, c’è il tema del doppio, da sempre particolarmente caro a Bong Joon Ho. Mickey 17 e il suo “clone” Mickey 18 sono apparentemente due personalità agli antipodi (calmo, spesso insicuro e riflessivo il primo, molto più aggressivo e spregiudicato il secondo), ma, man mano che la storia procede, ci rendiamo presto conto di come, in realtà, i loro caratteri stiano a rappresentare due diversi aspetti della medesima persona. E se ripensiamo a lungometraggi come Memorie di un assassino (in cui la teoria langhiana che tutti potremmo essere potenziali assassini proprio a causa della nostra “doppia natura” trova un suo ottimo compimento) o il già citato Parasite (i due “mondi”, quello in superficie e quello sotterraneo, sono anch’essi particolarmente emblematici in questo senso), ci rendiamo conto di come anche questo Mickey 17, seppur molto diverso nella forma dai due precedenti lavori, rientri appieno nei canoni del cinema di Bong Joon Ho. Cambia la forma, ma la sostanza rimane la stessa. E per questo motivo (in questa particolare occasione, s’intende), non possiamo che essere grati.

Marina Pavido

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