Il mistero di un’assenza (e di un’esistenza)
Non ha vinto premi all’ultima edizione del Molo Film Festival. Ma rientra senz’altro tra i lavori cinematografici che la redazione di CineClandestino ha apprezzato di più, nel corso della vivace kermesse tenutasi anche nel 2023 al Caffè Letterario di Roma. E il corto di cui vi andremo a parlare, Le crisalidi, con uno dei film vincitori del festival ovvero Caro Mostro di Stefano P. Testa qualche elemento in comune lo avrebbe pure, a nostro avviso, a partire dalla detection appena accennata sulla reale personalità e identità di una persona non più viva; percorso affrontato, peraltro, mettendo insieme tessere di un mosaico destinato comunque a restituire un’immagine opaca, incompleta, sfuggevole, ambigua, sfocata. Come se l’atto della ricerca fosse in sé più importante di ciò che uno possa realisticamente raccogliere, a proposito di una figura ormai assente, irrimediabilmente persa.
Il cortometraggio del giovane Gabriele Biasi, Le crisalidi, inizia (e si conclude anche, ad anello) con le rare, preziose immagini di una pellicola del muto restaurata nel 2011, in occasione del centenario della sua realizzazione: La vita delle farfalle, documentario naturalistico dove veniva mostrato con grande accuratezza il passaggio da bruco a crisalide a farfalla. La scelta di tali spezzoni è dichiaratamente metaforica. Sì, perché in questo suo breve film Gabriele Biasi ha provato ad approfondire una vita mai completamente sbocciata, quella dello zio Onofrio, un fratello del padre morto piuttosto giovane (in circostanze anche un po’ oscure, dal punto di vista medico) e del quale si è finito per parlare sempre di meno, in famiglia.
Proprio qui sta il punto. L’inizio della ricerca. Le crisalidi è infatti un lavoro che tenta di costruire ponti con il passato partendo da piccoli indizi, da connessioni incerte e precarie. Vi sono da un lato le scarne, laconiche testimonianze raccolte in famiglia. E poi le possibili rivelazioni contenute nelle lettere scritte o ricevute dallo zio qualche decennio prima (altro punto di contatto con Caro Mostro) e finite in mano al regista, tra cui quelle scambiate con la probabile fidanzatina di allora; una donna “scomparsa” dai radar per anni e ritrovata dal cineasta/parente di Onofrio ancora in vita, per cui qualche debole fascio di luce sull’esistenza raminga dello zio ci sarà pure, andando avanti, mai tale però da svelarne in modo più esteso il carattere, i timori, le aspirazioni, finanche lo stile di vita adottato nei lunghi periodi all’estero.
Forse il fascino di un’opera come Le crisalidi risiede proprio in questo: nel lasciarsi andare al legittimo desiderio di investigare su un passato frammentario, eroso dal tempo, sbiadito come certe vecchie fotografie, nella piena consapevolezza che tale ricerca dovrà comunque far maturare qualcosa, in chi la compie e in chi da spettatore vi assiste, ma senza che intercorra alcunché di solido e di tangibile a riempire l’assenza di cui ci si sforza di parlare. Il vuoto lasciato da una persona che se ne è andata troppo presto e con molti quesiti esistenziali ancora irrisolti.
Stefano Coccia