Guerrera Amazónica
Tokyo 2020. Le Olimpiadi condizionate dal Covid. Rinviate di un anno, disputate poi nel 2021 ma con severe restrizioni riguardanti la presenza del pubblico, nonché col rischio serio e concreto per gli atleti di veder annullata la propria partecipazione e veder sfumare così il sogno olimpico, nel caso di una positività al virus a pochi giorni dalle gare. Questo è lo scenario – a metà strada tra incubo e incanto – proposto dall’intro di Neisi: La fuerza de un sueño, il bel documentario di Daniel Yépez Brito in cui con sincero trasporto emotivo si racconta la storia di Neisi Dajomes prima donna nella storia delle Olimpiadi a vincere una medaglia d’oro per l’Ecuador.
Intanto un ringraziamento va alla 17esima edizione de La Nueva Ola – Festival del Cinema Spagnolo e latinoamericano, per averci fatto scoprire questa appassionante vicenda umana e sportiva nel modo migliore possibile. Ovvero quello che solo un documentario cinematografico valido, come quello diretto dal cineasta ecuadoriano, può offrire, attraverso una costruzione narrativa ricca di pathos ma in grado anche di far luce con discrezione sulla cornice famigliare e sociale, in cui si è formata la futura campionessa.
Difatti Neisi Dajomes, anche a prescindere dall’exploit sportivo in una disciplina severa e incredibilmente dura come il sollevamento pesi, ha alle spalle una storia personale altrettanto degna di essere conosciuta: figlia di profughi colombiani immigrati in Ecuador con numerosa prole al seguito, agonista che il regista ha avuto la lungimiranza di seguire sin dal suo affacciarsi alle prime competizioni nazionali e internazionali, questa “Guerrera Amazónica” (come qualcuno l’aveva soprannominata) ha avuto il coraggio di non mollare mai, persino quando un Fato avverso le ha portato via due delle persone cui era maggiormente legata, la madre e il fratello. Senza contare che il suo stesso cammino nel sollevamento pesi è stato a volte irto di ostacoli, creati perlopiù dalla federazione del proprio paese, prontissima (e in ciò ipocrita) a celebrare i suoi successi, ma restia in precedenza a sostenerla in modo adeguato sul piano economico e della programmazione tecnica.
Daniel Yépez Brito in questo suo lavoro, articolato attraverso diversi anni, ha saputo dare il giusto peso sia alle vicende personali della protagonista che a una disciplina sportiva forse poco nota al grande pubblico, ma filmata (e soprattutto montata) qui in modo tale da rendere emozionante ogni gara e persino ogni allenamento. Ad alimentare il particolarissimo epos che scaturisce dal racconto certe notazioni di contorno. Dalla gradevole “ballad latina” dedicata sul piano musicale alla campionessa, fino a quella sua imponente statua vittoriosa che i connazionali hanno voluto collocare nella cittadina dove la donna è cresciuta, in sostituzione di un precedente monumento (invero di gusto assai discutibile) che raffigurava invece Biancaneve attorniata da improbabili Nani da giardino. Un successo anche quello, volendo, non più sul piano sportivo ma su quello propriamente estetico!
Stefano Coccia