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Samsara

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VOTO: 7,5

Alla ricerca del sublime

L’astro nascente del cinema d’autore spagnolo Lois Patiño continua grazie ai suoi documentari ad attirare l’attenzione degli addetti ai lavori, a raccogliere consensi e a ricevere meritatissimi riconoscimenti. Costa da Morte e Lúa vermella sono solo due dei preziosi e pluridecorati tasselli che vanno a comporre una filmografia davvero degna di nota, che si è fatta largo nel circuito festivaliero internazionale a suon di critiche positive e di premi. Non è da meno la sua ultima fatica dietro la macchina da presa dal titolo Samsara, vincitore del Premio della Giuria della sezione “Encounters” alla Berlinale 2023 che uscirà nelle sale italiane il 23 maggio con EXIT media dopo l’anteprima alla 17esima edizione de La Nueva Ola – Festival del Cinema Spagnolo e latinoamericano. Ed è proprio nella tappa romana della kermesse itinerante diretta da Iris Martin-Peralta e Federico Sartori che abbiamo potuto vedere e apprezzare il docu-film.
Con Samsara, il regista galiziano alza ulteriormente l’asticella e il coefficiente di difficoltà affrontando il tema della reincarnazione in chiave di buddhismo tibetano. Non è la prima volta che la Settima Arte e alcuni suoi esponenti se ne occupano (da La ruota del tempo a Walk With Me, passando per Il respiro della foresta), ma l’approccio e il modus operandi da lui utilizzati per dare sostanza, contenuti e forma al progetto ne fanno un unicum. Seguendo gli spiriti che viaggiano tra le montagne del Laos e le rive della Tanzania, il filmmaker iberico visualizza la fase che intercorre tra il trapasso e la rinascita di una nuova vita. Il percorso parte nei templi del Paese del Sudest asiatico laddove dei monaci adolescenti accompagnano un’anima in transito da un corpo all’altro attraverso il bardo. Uno di loro attraversa ogni giorno il fiume per leggere a una donna anziana un testo che funge da guida per orientarsi nell’aldilà. Quando la donna muore, il suo spirito inizia un viaggio sensoriale verso la reincarnazione nel corpo successivo che termina sulle spiagge di Zanzibar, dove gruppi di donne lavorano nelle coltivazioni di alghe.
Per completare il viaggio però bisogna affidarsi a lasciarsi trasportare dal suono e dalla luce. Questi sono i veri protagonisti di Samsara e dell’esperienza immersiva, sensoriale e contemplativa che il documentario offre allo spettatore di turno. Quest’ultimo viene trascinato in un vero e proprio trip allucinatorio che ha il suo apice nei quindici minuti che scandiscono il passaggio da un corpo all’altro. Qui, con echi da cinema sperimentale e vidoarte, Patiño riesce a rendere concreto il suo utopistico progetto di realizzare un film sul ciclo di nascita, morte e reincarnazione, da guardare ad occhi chiusi. Il lavoro sul suono di Xabier Erkizia in tal senso risulta determinante ai fini evocativi, dando all’ascolto un ruolo prioritario e di grande importanza sul piano della fruizione. Ruolo che resta tale anche per tutto il resto della timeline. L’audio rappresenta dunque un valore aggiunto per l’opera, tanto quanto l’immagine sulla quale il regista, con la complicità della post-produzione e in primis dei direttori della fotografia Mauro Herce e Jessica Sarah Rinland in fase di ripresa, compie un pregevole percorso di esplorazione e sperimentazione girando in 16mm. Con e attraverso la pellicola e il formato, ai quali si vanno ad aggiungere effetti cromatici e viraggi, l’autore permette all’atto di vedere e di raccontare storie di diventare un’esperienza visionaria, spirituale e mistica che trasporta letteralmente lo spettatore in un’altra dimensione.

Francesco Del Grosso

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