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Kinds of Kindness

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VOTO: 8

Altri sguardi sull’Abisso

C’era da scommetterci. Dopo un’opera incredibilmente capace di mettere d’accordo pubblico, critica e, in tutta evidenza, giurie di premi vari, come lo sfarzoso Povere creature! ecco che l’ineffabile Yorgos Lanthimos gira a brevissima distanza un film a basso budget, dove si riaffacciano molte delle tematiche preferite dell’autore greco. Su tutte la vertiginosa corsa verso l’autodistruzione di un essere umano afflitto da cronica insoddisfazione ed infelicità.
Kinds of Kindness, allora. Un titolo traducibile con gesti di gentilezza. Gentilezza della quale, ovviamente, nel film non vi è traccia alcuna. In un’opera che non è un vero e proprio lungometraggio, piuttosto una raccolta di tre mediometraggi, tutti interpretati dal medesimo cast (Emma Stone, Jesse Plemons, Margaret Qualley, Willem Dafoe) peraltro molto motivato e disponibile a seguire e mettere in scena le ossessioni di Lanthimos. Trasferite, in quest’occasione, assai lucidamente in immagini che non si dimenticano.
Inutile parlare di trama e raccontare le vicende dei tre “episodi”, talmente frammentari da sembrare partoriti dalla penna di un ipotetico Bukowski contemporaneo sotto effetto di droghe particolari. Su ogni cosa domina un pessimismo tanto viscerale quanto distaccato in pieno stile Lanthimos, che guarda i suoi personaggi alla stregua di pesciolini agonizzanti una volta estromessi dall’acqua, loro ambiente naturale. Pur essendo sposati o in stretti rapporti (la situazione narrativa varia da segmento a segmento), l’unica caratteristica che li accomuna è la disperata ricerca di una via di fuga, qualcosa in grado di alleviare un tormento esistenziale in apparenza insuperabile. Sete di sangue, dita mozzate, tuffi in piscine vuote. Sono solo alcune delle tappe di un trip fisico e mentale che prevede un’unica destinazione: quell’Abisso di cui ognuno ha timore ma che rappresenta fonte inesauribile di attrazione. Un contesto sempre condito dall’ironia gelida ma irresistibile che abbiamo saputo riconoscere seguendo l’evoluzione della filmografia di Lanthimos. Il quale, con Kinds of Kindness – e si nota immediatamente – ritrova la collaborazione in sede di sceneggiatura del fido Efthimis Filippou, temporaneamente abbandonato nei recenti e pluripremiati Povere creature! (2023) e La favorita (2018) e tuttavia presenza costante nel corso della carriera del regista di Dogtooth.
Con Kinds of Kindness siamo dunque più dalle parti de Il sacrificio del cervo sacro (2017) che delle opere recenti appena menzionate in questo articolo. Un cinema certamente enigmatico ma a torto giudicato gratuitamente provocatorio nonché sin troppo estetizzante, quando al contrario bisognerebbe chiedersi se questa tipologia possa essere davvero considerata l’unica forma di cinema autenticamente umanista possibile al giorno d’oggi. Un oggetto cinematografico che ha il coraggio di guardare all’America, paese leader sia dal punto di vista socio-politico generale che in ambito di apparato cinematografico, come sineddoche di un tutto ben più rilevante, smontandola pezzo per pezzo assecondando i medesimi stilemi estetici fino a mettere a nudo il suo lato nascosto e oscuro. Quello incapace di “perdonare” la debolezza umana, di lasciare indietro coloro che non riescono a stare al passo del cosiddetto verbo statunitense: soldi e potere. A qualunque costo.
Il gesto di gentilezza del titolo, in senso lato, forse è proprio quello di Lanthimos. Arrivare cioè ad un centimetro dalla Fine per evitare che tutto, davvero, finisca.
Gli attori – e chissà se il magnifico Jesse Plemons vedrà riconosciuto appieno il suo immenso talento – impegnati lo hanno compreso perfettamente, Emma Stone in primis. Ora la palla, dopo una passerella in concorso al Festival di Cannes 2024 che comunque lascia il tempo che trova, passa al pubblico. Probabile reazione di rifiuto totale, ma non si sa mai…

Daniele De Angelis

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