Nato per essere…
«Cosa sta cercando Laurence Aia?». «Sto cercando qualcuno che senza essere un reietto della società s’interroghi non solo sui diritti e il valore degli emarginati, ma sui diritti e il valore di coloro che dichiarano di essere normali». È così che parte Laurence Anyways, con queste parole che arrivano ancor più dirette mentre scorrono i titoli di testa su schermo nero. Sin dalle primissime inquadrature lo stile del regista canadese, Xavier Dolan, è subito riconoscibilissimo e spiazza ancora una volta come in così giovane età (qui ne aveva 23) abbia saputo conferire una cifra propria e coerente.
Tra rallenti e macchina da presa che segue di spalle il nostro Laurence (Melvil Poupaud) dando vita a una falsa soggettiva, inquadrature poetiche e delicate, ma anche con una luce molto studiata e simbolica, iniziamo a conoscere la storia di Laurence e del suo morire dentro finché qualcosa non cambia. O meglio, è lui che sceglie di dare spazio «alla donna che sono nato per essere».
Tutti noi ricorderemo dall’ultima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia The Danish Girl di Tom Hooper in cui Eddie Redmayne vestiva i panni di Lili Elbe. Il film, molto ben curato soprattutto sul piano formale, è sicuramente più classico nell’impianto e meno d’impatto emotivo (ovviamente si tratta di due percorsi diversi per i rispettivi protagonisti) rispetto a Laurence Anyways di Dolan, che è precedente.
Presentato nel 2012 al Festival di Cannes in “Un Certain Regard”, aggiudicandosi la Queer Palm, in realtà è passato un po’ in sordina perché non c’era ancora stato l’exploit dato nel 2014 da Mommy, vincitore del Premio della Giuria ex-æquo con Adieu au langage di Jean-Luc Godard.
Movies Inspired ha deciso di far uscire il 16 giugno, nelle nostre sale, Laurence Anyways ed il consiglio spassionato, non solo come cinefili, ma dettato da un mix di pancia e cuore, è di non perdervelo. Dolan scrive uno script che riesce a far emergere tutte le nostre contraddizioni umane e sociali rispetto a ciò che ci sembra “diverso” o “anormale” e lo fa senza retorica, anzi persino ironizzando su frasi e atteggiamenti perbenisti. Ai suoi ottimi attori – su tutti spiccano Poupaud e Suzanne Clément (Fred, la donna che gli è accanto quando prende la decisione) – fa mettere in campo sentimenti forti, dalla fragilità alla rabbia, sottesi dalle varie declinazioni di Amore. Il tutto senza mai scadere in semplici sentimentalismi.
Cosa vuol dire per una donna profondamente innamorata dell’uomo che ha accanto, compreso il suo corpo, metabolizzare questa realtà? Questo lungometraggio lo comunica totalmente, con vibrazioni e parole che arrivano chiare e forti (vedi la risposta di Fred alle domande insistenti della proprietaria di un ristorante) così come passa in rassegna, ma non come un mero elenco, le reazioni della madre di Laurence (Nathalie Baye), della scuola dove insegna e di chi gli gravita attorno.
Sempre più spesso, in politica e non solo, si parla di identità, ma quanto si affonda la lama per poi lasciare liberi? Il Cinema e questo film in particolare ci riescono. Ci sono profonde verità in ogni dialogo, in cui, d’altro canto, non c’è timore di mostrare le debolezze dell’essere umano così come i misunderstanding – basti pensare alla prima risposta di Fred: «Perché non mi hai detto che sei omosessuale?»
Dolan costruisce un percorso alla scoperta dell’identità sessuale, ma non solo, mettendola in quadro ora con un gioco di fuochi, ora “spiando” le reazioni rimanendo fuori dalla stanza, ora esprimendole con un mix di colori che lascia spazio anche all’immaginazione. Degna di nota anche la colonna sonora che spazia da “The Funeral Party” dei The Cure a “Ouverture solennelle 1812” di Piotr Ilitch Tchaikovsky, da “Symphony #5 I” di Beethoven a “The Chauffeur” dei Duran Duran.
In Laurence Anyways ci si muove su più piani temporali intrecciandoli in modo fluido e naturale proprio come dovrebbe essere la rivoluzione che Laurence mette in atto (attenzione non è una rivolta) nel corso di dieci anni (da fine anni ’80 a fine ’90) e che, in realtà, provoca una forte onda d’urto.
Maria Lucia Tangorra