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Into the Inferno

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VOTO: 9

Tante storie dal mondo        

La natura e la sua potente forza creatrice e distruttrice. La natura estrema e la sua incommensurabile bellezza. Ogni popolo ha un diverso modo di rapportarsi ad essa. E conoscere la diverse credenze ed i diversi rituali può diventare un viaggio intorno al Pianeta Terra di indubbio fascino. Soprattutto se a condurci per mano durante tale viaggio è un cineasta del calibro di Werner Herzog, che, con il suo ultimo documentario Into the Inferno – presentato nella Selezione Ufficiale all’11° Festa del Cinema di Roma – torna al suo amore di sempre nei confronti della natura stessa – dopo essersi addentrato nel mondo delle tecnologie con il recente Lo and Behold – e ci mostra come ci si rapporta in tutto il mondo alla vita nei pressi di un vulcano ancora attivo ed in che modo tale vulcano abbia contribuito alla nascita di determinati riti e credenze popolari.
Si parte dall’arcipelago di Vanuatu, per poi spostarsi in Corea del Nord, fino all’Etiopia e all’Islanda. Il vulcanologo Clive Oppenheimer diviene – insieme allo stesso Herzog, il quale, pur apparendo sullo schermo solo per pochi minuti, ci accompagna con la sua voce per tutto il tempo – una sorta di Virgilio, che, presentandoci di volta in volta abitanti del luogo e studiosi, si dimostra un ottimo compagno di squadra per il cineasta tedesco.
Testimonianze, danze, culti, rituali. Tanta musica e mille colori. Ogni popolo ha il suo modo di rapportarsi ai vulcani, i quali, imponenti ed impietosi, affascinano e spaventano allo stesso tempo. Non si avvicina troppo ad essi, Herzog. Non corre alcun rischio in merito. Non è dei fenomeni vulcanici che vuole parlarci, nonostante le suggestive e frequenti inquadrature di eruzioni, di magma e di lava che scorre fino a solidificarsi pian piano sulle note di Verdi, Wagner, Rachmaninov. I veri protagonisti di Into the Inferno sono le persone, insieme ad una profonda, empatica ed ironica allo stesso tempo, ma mai giudicante riflessione antropologica.
I personaggi intervistati sono, di fatto, perfettamente in linea con il resto dei protagonisti dell’intera opera herzogiana: assolutamente fuori dagli schemi (da notare, in particolare, la figura del paleontologo impegnato in Etiopia), con un giusto equilibrio tra ironia, follia e raziocinio. In poche parole, del tutto affini allo stesso regista. Proprio come lo è stato per anni il suo alter ego, nonché compianto compagno di avventure Klaus Kinski.
E poi c’è il metacinema. Anche in questa sua ultima opera, infatti, Herzog non manca di fare riferimenti al suo modo di girare ed alla sua concezione stessa di cinema. Si parla di cinema, appunto, con Clive Oppenheimer – il quale ci racconta anche il suo incontro ed il suo rapporto con lo stesso regista – così come siamo perfettamente coscienti della presenza di una macchina da presa ogni volta che qualcuno dei personaggi inquadrati guarda in camera o dialoga direttamente con lo stesso Herzog. Non può non strappare un sorriso – a questo proposito – il bambino che si stringe alle gambe del padre, mentre guarda intimidito verso la telecamera intenta in una carrellata all’indietro.
Non v’è alcun dubbio. La natura estrema ed i personaggi che la abitano fanno parte, ormai da anni, della cifra stilistica di Herzog, il quale, però, pur mantenendo queste costanti, ogni volta ci regala un prodotto diverso e qualitativamente ineccepibile, senza mai cadere nell’errore di ripetersi o di parlarsi addosso. A questo proposito, possiamo affermare a gran voce che Into the Inferno è uno dei più classici film herzogiani, o meglio, un film herzoghiano a tutti gli effetti: un documentario che è lungometraggio di finzione allo stesso tempo, un viaggio estremo che spaventa ed affascina, regalandoci sensazioni simili a ciò che proviamo, ad esempio, durante un giro sulle montagne russe. Una summa, quasi, di quella che è stata e continua ad essere la carriera del cineasta tedesco. Una garanzia, sia dal punto di vista contenutistico che dal punto di vista stilistico. In poche parole, un film di Werner Herzog.

Marina Pavido

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