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Al final del túnel

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VOTO: 7.5

Le paralimpiadi del thriller

Un altro oggetto filmico incandescente gettato nel calderone dell’ultimo Festival di Roma è Al final del túnel, thriller sudamericano che ha saputo inchiodare alla sedia non soltanto il pubblico, ma lo stesso protagonista: Joaquín, tecnico informatico che vive da solo in una grande casa, è difatti paralizzato alle gambe. Ed è pertanto costretto a spostarsi su una sedia a rotelle. Messa così, la premessa del film potrebbe apparire quasi farsesca. Ma al contrario il cineasta argentino Rodrigo Grande, pur con qualche incursione nel grottesco, ha saputo allestire un gioiellino che trabocca di tensione pura, situazioni morbose e ansie di vario genere, correlate perlopiù a quella gestione degli interni che oscilla di continuo tra paranoia e impulsi claustrofobici.

Come accennavamo prima, il protagonista Joaquín (estremamente valida, energica, l’interpretazione di Leonardo Sbaraglia, attore molto attivo in patria che abbiamo visto all’opera anche nel recentissimo Storie pazzesche) si trova inizialmente da solo nella grande casa, ma dal momento in cui affitta una stanza alla bella, provocante Berta (Clara Lago), una seducente danzatrice che intende trasferirsi lì con la figlia piccola, le cose sono destinate a cambiare.
Da un lato la giovane donna riesce poco alla volta a vincere la diffidenza dell’uomo. Inizia così per loro un percorso di conoscenza reciproca, i cui tempi sono dettati principalmente dall’indiscutibile carica erotica che lei può sfoggiare, dalla sua abilità di seduttrice. Ma quanto al resto l’uomo riesce a restare lucido. E si rende conto, per esempio, che alcuni soggetti dalle intenzioni ambigue, piuttosto losche, si sono trasferiti quasi simultaneamente nell’appartamento adiacente. Grazie alle sue competenze tecniche Joaquín mette in piedi un sistema di sorveglianza e scopre praticamente subito che quei misteriosi individui stanno scavando in realtà un tunnel, per compiere qualche grosso furto nella vicina banca. E che la donna con cui si stava progressivamente aprendo potrebbe essere coinvolta. A quel punto il film cambia marcia, le differenti operazioni intraprese scorrono in parallelo per poi portare, al momento del colpo, a un adrenalinico rincorrersi di azioni spregiudicate e adeguate contromisure…

Pur avendo all’attivo pochi lungometraggi, tra cui la pluripremiata black comedy Rosarigasinos diretta nel 2001, il regista Rodrigo Grande rivela una certa maestria nel rapportarsi al genere, declinandone con stile le diverse potenzialità. La gestione degli spazi all’interno della casa è encomiabile. L’eros si affaccia piacevolmente in una storia a tinte fosche. E anche la variegata colonna sonora si pone bene al servizio di un racconto cinematografico dai risvolti maliziosi, che specie nella seconda parte regala parecchie emozioni e qualche virata non disprezzabile in direzione del pulp.

Stefano Coccia

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