Incontri tossicomani e sessuali del terzo tipo
Quello che ci propone Ryan Kruger nel suo esordio sulla lunga distanza dopo una lunghissima sfilza di cortometraggi, tra cui quello da cui successivamente ha tratto l’omonimo film è uno di quei menù “spazzatura” a base di sesso, droghe, violenza e musica techno, che mira all’indigesto. In tal senso, il video messaggio che precede l’inizio delle ostilità, con un bel vietato ai minori di 18 anni stampato a caratteri cubitali sullo schermo, ha proprio il compito di mettere in guardia lo spettatore di turno sui contenuti decisamente espliciti e disturbanti con i quali dovrà confrontarsi nei prossimi 90 minuti.
Fried Barry, presentato nella sezione “Le stanze di Rol” del 38° Torino Film Festival, ci scaraventa al seguito di Barry, tossicodipendente con moglie e figli, che in piena notte, mentre sta tornando a casa dopo l’ennesima bevuta, viene rapito da un’astronave aliena. Una delle creature a bordo s’impossessa del suo corpo e inizia a girare per le strade di Città del Capo, entrando in contatto con le strane e affascinanti abitudini degli umani. Come in un road movie lisergico, Barry, dotato di superpoteri psichici, si concede esperienze mai provate prima, come fumare metanfetamine o andare ai rave, trovandosi così coinvolto in un’orgia di sesso e violenza. L’alieno, però, non ha previsto i limiti fisici del corpo umano.
Le esperienze estreme vissute dall’alieno che si è impossessato del corpo di Fried sono di quelle capaci di fare cambiare idea a qualsiasi malintenzionata creatura extraterrestre, circa la decisione di invadere il pianeta e di spazzare via la specie che lo popola. La morale della “favola” è fin troppo chiara, con una trentina di minuti che sono più che sufficienti a capire dove il cineasta britannico, trapiantato in Sudafrica, voglia andare a parare: l’essere umano, con il suo carico di vizi, perversioni, peccati, brutalità, istinti e malefatte, è qualcuno dalla quale stare alla larga milioni di anni luce. Ne sa qualcosa l’alieno penetrato nelle carni del protagonista, feccia di quella società marcia e malata che sotto diverse espressioni si affaccerà sullo schermo nel corso della timeline e con la quale dovrà fare i conti nell’arco di un tour psichedelico e sessuale senza limiti. Contenuti e intenti che Fried Barry veicola con la spinta propulsiva di chi non ha nulla da perdere, estremizzando quanto raccontato un trentennio prima nel carpenteriano Essi vivono.
Il risultato è un sexy-exploitation in chiave fanta-horror, condito da elementi splatter e black-comedy, con il quale Kruger rincara la dose e punta diritto all’overdose. Per farlo propina al pubblico dallo stomaco forte un cocktail disgustoso, folle, eccessivo, liberatorio e al contempo inutile, che lavora per accumulo e non aggiunge assolutamente nulla alla bulimia di immagini alla quale i nostri occhi sono quotidianamente sottoposti. Motivo per cui consigliamo di rispedirlo al mittente con tutto il carico di musica onnipresente e martellate al seguito, chiamata ad accompagnare le incursioni del protagonista (interpretato da un Gary Green del tutto fuori controllo) in quel substrato infetto e nauseabondo del quale fa parte.
Francesco Del Grosso