Rinascere
Successivamente alla pubblicazione del suo romanzo d’esordio dal titolo Il mio posto è qui, Daniela Porto ha pensato bene, visto il potenziale audiovisivo intrinseco del racconto e dei personaggi racchiuso in quelle pagine, di realizzare un adattamento per il grande schermo e per farlo, lei che di fatto era debuttante anche dietro la macchina da presa, di dirigerlo e di scriverlo a quattro mani con Cristiano Bortone, suo marito nonché cineasta di comprovata esperienza con diversi lungometraggi alle spalle tra cui Rosso come il cielo, vincitore del David di Donatello Giovani 2007. Questa collaborazione ha sicuramente giovato al film e non solo tanto da dare immediatamente i suoi frutti, portando la coppia ad aggiudicarsi il premio per la miglior regia alla 15esima edizione del Bif&st nella sezione “ItaliaFilmFest/Nuovo Cinema Italiano”, laddove è stato presentato in anteprima mondiale ed è stato insignito anche del premio Mariangela Melato alla miglior attrice protagonista andato a Ludovica Martino. Due riconoscimenti, quelli ottenuti alla kermesse pugliese a nostro avviso meritatissimi, che rappresentano un buon biglietto da visita in vista dell’uscita nelle sale nostrane il 9 maggio 2024 con Adler Entertainment.
Il libro prima e la trasposizione poi ci portano all’indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale, in un piccolo paese rurale della Calabria. Qui vive Marta, una ragazza madre che per la sua condizione scomoda viene promessa in sposa ad un uomo che non ama, un contadino locale più vecchio di lei rimasto vedovo. I preparativi per le notte le fanno conoscere Lorenzo, l’assistente del parroco, noto come l’uomo dei matrimoni ma scansato da tutti per la sua omosessualità. Tra loro nasce un intenso rapporto. Grazie a Lorenzo, Marta entra in contatto con quella comunità nascosta e per lei sconvolgente di omosessuali e, lentamente, comincia a prendere coscienza dei suoi diritti come donna. Ma, di quell’angolo remoto di mondo sarà costretta a difendersi in ogni modo dai pregiudizi e dalla cultura patriarcale che la circonda, sfidando e lottando per il proprio posto nel mondo come donna.
Il mio posto è qui sin dalla sinossi che l’accompagna dichiara di quanti e quali aspetti della discriminazione ha voluto farsi carico, mostrandoci come certe dinamiche e problematiche appartengano a un tempo solo apparentemente lontano. Le affronta con sensibilità e delicatezza, riavvolgendo le lancette dell’orologio per teletrasportare lo spettatore di turno in una Calabria post bellica, attraversata come il resto dell’Italia da cambiamenti sociali e da quei primi fermenti politici che porteranno alle elezioni in cui le donne potranno per la prima volta votare. Qui la mente torna di default e associazione per quanto concerne il periodo storico e le tematiche trattate a C’è ancora domani di Paola Cortellesi. Il ché non toglie però interesse all’opera, al contrario sottolinea quanto siano particolarmente sentiti certi temi in questo momento. Nel medesimo contesto storico che fa da cornice, ma spostando l’azione nel profondo Sud, Porto e Bortone costruiscono un dramma umano e sociale che con un taglio fortemente realistico si concentra su una storia che è al contempo di amicizia ed emancipazione. Queste due tematiche finiscono con l’intrecciarsi senza soluzione di continuità in maniera equilibrata, dando forma e sostanza a un racconto intenso, pieno di emozioni e importanti spunti di riflessione. Un magma incandescente, questo, che alimenta e si alimenta a sua volta delle performance attoriali coinvolte e coinvolgenti di Marco Leonardi e della già citata Ludovica Martino. Con e attraverso i loro personaggi e la verità sprigionata dalle rispettive interpretazioni la pellicola ci permette di comprendere quanto le imposizioni ataviche e il maschilismo imperante dell’epoca potesse arrivare ad emarginare gli omosessuali e sottomettere le donne. In tal senso il percorso di emancipazione di Marta passa attraverso la dignità del lavoro, nel suo caso per una macchina da scrivere, con il pensiero che va a Tutti pazzi per Rose, in cui una giovane donna vuole diventare una segretaria e per farlo partecipa a concorsi di dattilografia.
Il tutto racchiuso in una confezione molto curata, a cominciare dai costumi e dalle scenografie, rispettivamente firmati da Cristiana Ricceri ed Alessandra Mura, che si sa essere componenti importantissime per quanto concerne la credibilità e la riuscita di un period drama. Ecco perché ci teniamo a sottolinearne l’indubbia qualità.
Francesco Del Grosso