Bizzarro venerdì
Ricetta vincente (al botteghino) non si cambia. Una massima aurea, dalle parti di Hollywood, che Christopher Landon sta cavalcando con innegabile successo, ben supportato dall’ineffabile produttore Jason Blum, uno che con la sua Blumhouse in quanto a fiutare rendiconti economici non è secondo a nessuno. L’operazione sembra facile in apparenza, ma non lo è poi tanto. Ibridare cioè un classico della commedia con lo slasher tanto in voga negli anni settanta e ottanta e mai passato del tutto di moda. Attualizzarlo con tematiche contemporanee e condire il tutto con una robusta dose di inevitabile cinefilia. oltre che spargere ironia a piene mani. E visto che a Landon la ciambella era riuscita con il buco grazie al “perfetto” Auguri per la tua morte (Happy Death Day, 2017) e relativo sequel Ancora auguri per la tua morte (Happy Death Day 2U, 2019), è apparsa cosa perlomeno ovvia tentare di nuovo un crossover spericolato ma fino ad un certo punto.
Se dunque il loop temporale presente in Ricomincio da capo (Groundhog Day, Harold Ramis, 1993) fungeva da fonte d’ispirazione per la coppia di lungometraggi appena citati, nella sua nuova fatica Freaky il riferimento è ancora più palese, trattandosi in tutta evidenza di una sorta di remake in chiave splatter del disneyano Tutto accadde un venerdì (Freaky Friday, 1976) interpretato da una giovanissima Jodie Foster, poi rifatto da Mark Waters in Quel pazzo venerdì (Freaky Friday, 2003) con Jamie Lee Curtis e Lindsay Lohan. Solamente che in Freaky lo scambio di corpi, causato da un pugnale magico di origine azteca, non avviene tra madre e figlia, bensì tra una teenager ed un famigerato serial-killer soprannominato, invero un po’ banalmente, “Il macellaio”. Del quale ammiriamo, si fa per dire, le gesta nel prologo ultra-gore, in quello che appare in prima istanza l’ennesimo lungometraggio alla Scream esegetico sulle tendenze del genere. Falsa pista, come appunto si appurerà nel proseguo di Freaky.
Il giochino allora, sempre considerando questo tipo di cinema derivativo all’ennesimo potenza, anche questa volta funziona. Perché Landon dimostra una volta di più di conoscere a menadito il materiale narrativo affrontato su entrambi i versanti, horror e commedia, ma soprattutto per merito delle svariate sfaccettature che arricchiscono il tutto. Lo scambio di corpi tra un nerboruto omaccione ed una innocente adolescente permette a Landon – anche sceneggiatore con Michael Kennedy – sagaci digressioni su omosessualità (il regista è peraltro dichiaratamente gay) e bullismo, tematiche più che mai all’ordine del giorno. Insomma sotto la scintillante superficie ipercitazionista è lecito cercare e trovare anche qualcosa di maggiormente empatico e approfondito, pur negli evidenti limiti del prodotto a destinazione rigorosamente adolescenziale. Un risultato che sarebbe probabilmente stato meno godibile qualora nei ruoli principali non fossero stati scelti gli ottimi Vince Vaughn e Kathryn Newton, molto credibili sia nei rispettivi ruoli di partenza che nel corso della loro “trasformazione”. Con il primo addirittura esilarante, senza mai scadere nel macchiettistico, nell’esprimere la propria femminilità in sboccio; mentre la seconda tiene benissimo la parte anche nel manifestare la gelida follia omicida tipica del killer seriale.
Nonostante qualche narcisismo di troppo e un epilogo tutt’altro che sorprendente, Freaky è un film che sancisce, in modo forse definitivo, l’emancipazione di Christopher Landon dall’ingombrante cognome paterno. Il figlio di Michael (ricordate il culto de La casa nella prateria?) ha inequivocabilmente trovato una sua zona franca cinematografica nell’ambito della quale operare al meglio. Non rimane che attenderlo, con curiosità, alla prossime prove. A quale film toccherà la brillante rilettura horror?
Daniele De Angelis