Cento di questi giorni
Ricomincio da capo meets Scream. Volendo ricorrere a formulette preconfezionate, quest’assunto sarebbe l’ideale per definire un film come Auguri per la tua morte. Un lungometraggio, quello diretto da Christopher Landon – figlio di cotanto Michael, indimenticato interprete di serie tv come Bonanza, nonché autentico deus ex machina dietro il successo di un culto come La casa nella prateria – che porta le stimmate di una produzione targata Jason Blum in ogni suo fotogramma. Riciclo è infatti la parola d’ordine. Auguri per la tua morte (nell’originale Happy Death Day) segna per certi versi un punto di non ritorno. Non ha infatti più senso scrivere di postmoderno, di cinema di genere derivativo o similaria. Qui siamo alla totale assimilazione di opere precedenti, declinate secondo parametri differenti per entrare in sintonia con le altre produzioni Blumhouse.
In breve: una studentessa universitaria di nome Teresa detta Tree (interpretata dalla spigliatissima Jessica Rothe, interessante volto di prospettiva), dalla fama tutt’altro che irreprensibile, si trova incastrata in un loop temporale proprio il giorno del suo compleanno, alla fine del quale verrà barbaramente uccisa da un serial-killer – ma non sempre – con indosso la maschera del baby sdentato eletto simbolo delle squadre universitarie. Ogni mattina si risveglierà in stanza con Carter, ragazzo con cui aveva condiviso, occasionalmente, la notte precedente. Costretta a rivivere le medesime situazioni e cercare di evitare la turpe fine. Ovviamente dovrà lavorarci parecchio sopra, anche perché nulla è come appare e le sorprese saranno continuamente in agguato…
La parola chiave in grado di elevare un medio(cre) prodotto di genere come questo è consapevolezza. Il regista e lo sceneggiatore Scott Lobdell dimostrano idee chiarissime sul come agire: miscellanea di generi tra loro differenti – si passa con disinvoltura estrema dall’horror alla commedia, fermandosi alle stazioni intermedie del thriller sezionato e dai meccanismi scoperti alla Scream (per l’appunto) e alla teen comedy anni ottanta – e soprattutto maniacale attenzione ai dettagli. All’interno dei quali, spesso si annida il successo di operazioni simili. Al netto di un epilogo tanto cervellotico quanto non imprevedibile, si può tranquillamente ammettere che Auguri per la tua morte diverte, ed anche parecchio. Beninteso nell’ambito di un cinema ludico e nulla più, del tutto privo della profondità morale che permeava il cult diretto da Harold Ramis con Bill Murray. Anche Landon prova a far diventare la sua Tree una persona migliore attraverso i passaggi obbligati che comporta il fatto di rivivere e morire ogni giorno, ma certamente non è questo l’aspetto prevalente di Auguri per la tua morte. In casi cinematografici come questi conta il perfetto sincronismo tra regia, montaggio e recitazione, nell’occasione funzionante come un orologio svizzero.
Il cinema “parassitario” di Jason Blum – produttore ormai di riferimento per i generi suddetti, al quale si può rimproverare non la bulimia professionale, quanto piuttosto la mancanza pressoché assoluta di intuizioni veramente originali – ha colpito ancora. Ma stavolta, pur mantenendo intatte le proprie, altamente criticabili, caratteristiche, il bersaglio è stato in buona parte centrato grazie ad un buon lavoro di squadra. E strappa un sorriso, nel sottofinale, la citazione esplicita di Groundhog Day (titolo originale di Ricomincio da capo, 1993), con Tree che afferma di non aver mai visto il film e di non conoscere Bill Murray. Quasi una richiesta sottesa di scuse, da parte di chi ha copiato l’originale cum grano salis, da accettare stavolta più che volentieri.
Daniele De Angelis