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Ancora auguri per la tua morte

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VOTO: 6

Di nuovo in loop!

Tanto incassò che ripiovve. Beneficiato da un grande successo al botteghino – a maggior ragione nella relazione tra costo effettivo del film e dollari guadagnati, aspetto tipico delle produzioni Blumhouse – la banda di Auguri per la tua morte torna con un sequel che riprende appieno tutte le caratteristiche del film primigenio, declinate però in modo abbastanza differente. Rimasto al timone del progetto Christopher Landon, quest’ultimo si comporta come uno di quei fanciullini dal quoziente intellettivo ritenuto particolarmente alto: smonta il suo giocattolo preferito allo scopo di crearne uno nuovo, con la consueta pioggia (da cui il riferimento “meteorologico”) di citazioni cinefile e riferimenti vari a far da corollario all’insieme.
Primo effetto collaterale di tale modus operandi è una sensazione di saturazione difficilmente contestabile. Rendere così esplicita la natura artificiosa di Ancora auguri per la tua morte (in originale Happy Death Day 2U, ad indicare, almeno nelle intenzioni, una netta conversione rispetto al prototipo) potrà anche esaltare i fautori del post-post-postmoderno e tuttavia fa traballare fino al grado più alto di un’ipotetica scala Richter applicata al cinema la fluidità della narrazione, così ben oliata nel chapter one. Nella fattispecie, senza rivelare più del necessario, viene alla luce la causa del loop temporale nel quale è finita la sventurata Tree Gelbman – sempre spigliata la brava Jessica Rothe – ovvero un macchinario sperimentale creato da Ryan Phan, cioè il ragazzo asiatico che entrava nella stanza ogniqualvolta Tree si risvegliava nel primo film, in compagnia di due suoi colleghi di università come tesi di laurea. Trattandosi più o meno di fisica quantistica, ecco dunque che la sua messa in funzione in modalità spontanea riattiva sì il famigerato loop, ma in una differente dimensione temporale che presenta decisive variazioni rispetto alla realtà precedentemente conosciuta.
Certamente consapevole della non eccessiva originalità e raffinatezza del plot, Christopher Landon – stavolta anche sceneggiatore – prova a donare un certo spessore alla storia mettendo il personaggio principale di fronte a pregnanti scelte di carattere esistenziale, del tipo se privilegiare gli affetti famigliari oppure l’amore. Tentativo lodevole che però finisce con lo smarrirsi inesorabilmente all’interno della natura ludica del lungometraggio stesso, sin troppo prigioniero, al pari della povera Tree, di parametri modulati a totale favore di quel pubblico adolescenziale che ha decretato il successo di Auguri per la tua morte. Esito del resto facilmente prevedibile, che si riflette anche sul sottotesto potenzialmente più stimolante del sequel: la suddivisione netta del contesto sociale tra vittime e carnefici, con relativa intercambiabilità di questi ultimi. Un “concetto” dal carattere assolutamente politico già iniziato nella saga Scream del compianto Wes Craven e che nell’occasione si sarebbe potuto condurre sino alle più estreme conseguenze, affermando come in ogni individuo in apparenza normale possa albergare un potenziale omicida. Niente di fatto anche in questo frangente, dato che Landon si limita a sfruttare un presunto effetto sorpresa che, in termini pratici, alla fine tale non si dimostra.
Anche Ancora auguri per la morte rimane dunque a livello di opera-passatempo affatto scevra da incongruenze narrative – le più evidenti riguardano la figura della compagna di stanza di Tree, la colpevole del primo episodio – eppure in grado di divertire (molto moderatamente, post scriptum sui titoli di coda compreso) seguendo le orme di altri sequel illustri tipo Ritorno al Futuro – Parte II (1989), esplicitamente citato nel film e all’epoca pure lui tacciato dalla critica edotta di superflui contorcimenti narrativi. Precisando ovviamente, onde prevenire in tal modo possibili querele verso l’estensore di queste righe, che al momento tra Landon e Robert Zemeckis c’è di mezzo non solo un oceano ma l’intera superficie del globo terracqueo…

Daniele De Angelis

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