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Blaga’s Lessons

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VOTO: 7

Un mondo senza pietà

In concorso alla Festa del Cinema di Roma 2023, Blaga’s Lesson rappresenta un’ altra significativa tappa del percorso di analisi così livido, dolente, crepuscolare e disilluso sul piano sociale, che l’autore Stephan Komandarev pare aver intrapreso nei confronti della Bulgaria di ieri e di oggi.
Della filmografia di tale regista ricordavamo infatti un paio di esiti davvero notevoli, passati entrambi negli ultimi anni al Trieste Film Festival. Da un lato An Unnecessary Hero, episodio dai toni paradossali del film collettivo Okupácia 1968: un’operazione cinematografica sui generis, questa, tesa a ridestare il doloroso ricordo della repressione della Primavera di Praga, ma dal punto di vista di quei soldati del Patto di Varsavia che, non sempre con entusiasmo, parteciparono all’invasione. E poi, soprattutto, Rounds (V krag), corale lungometraggio del 2020 sul cui plot decisamente articolato Komandarev pareva aver riversato certe sue punzecchiature ironiche e quell’interesse per il versante umano, per la rilevanza delle scelte operate dai singoli, declinati nell’arco di una interminabile notte caratterizzata poi da situazioni assai difficili da sbrogliare, per le tre coppie di poliziotti delle quali si seguivano affannosamente gli spostamenti: tre volanti sguinzagliate alla periferia di Sofia dopo il tramonto, tra chiamate d’emergenza, tentativi di corruzione, scandali al cimitero e pietosi casi umani.

Un po’ come se si ripartisse idealmente da lì, il regista bulgaro in Blaga’s Lessons si è dedicato a un altro racconto teso, disincantato e costellato di macabre ironie, che quale protagonista può vantare per l’appunto Blaga, un’anziana insegnante rimasta da poco vedova, magistralmente interpretata da Eli Skorcheva (un’attrice, peraltro, rimasta a lungo lontana dai set cinematografici).
Per quanto distante ideologicamente dal defunto, ex poliziotto da sempre fedele al regime comunista (la scelta dei simboli da porre sulla lapide fornisce il primo esempio di humour corrosivo del film), l’unica sua preoccupazione sembrerebbe essere assicurare una sepoltura dignitosa al marito, prenotando alle pompe funebri una tomba che possa accogliere l’uomo e in futuro anche lei. Pagare tale servizio diventerà però un vero e proprio calvario. E tutto questo perché la donna cade ben presto vittima di una gang di spietati truffatori, il cui raggiro invece di farle ricevere qualche forma di solidarietà dal figlio che vive lontano, dalle autorità e dai propri vicini, finirà per renderla una sorta di macchietta anche agli occhi dell’opinione pubblica. In seguito, a causa di un beffardo gioco del destino, Blaga si ritroverà prima inconsapevolmente e poi sempre più consciamente complice, dopo esservi entrata in contatto per caso, di quegli stessi malviventi che l’avevano derubata, elaborando poco alla volta l’idea di recuperare il denaro perduto (e pagare quindi il loculo del marito) facendo per loro alcuni lavoretti da “corriere”.

Tale escamotage, vagamente alla Clint Eastwood (quasi superfluo specificarlo, si sta pensando a Il corriere – The Mule), produrrà però altre conseguenze inaspettate, indirizzando il racconto verso un epilogo tanto cinico quanto amaro, tra il grottesco e il drammatico. Stante qualche forzatura, che a tratti toglie verosimiglianza al comunque efficacissimo, implacabile script, Stephan Komandarev si è confermato per altri versi in grado di delineare un ritratto acido, sincero, penetrante della Bulgaria post-comunista (e mestamente ultra-liberista). Seguendo la propria protagonista nella ricerca del denaro come in un film dei Dardenne, senza peraltro indebolire quella chiave noir appena accennata ma ben presente a livello atmosferico (esemplare qui l’utilizzo del fuori campo), il regista riesce finanche a far emergere quello sfondo sociale triste, degradato, aderente poi nella circostanza a una location rivelatasi particolarmente adatta, pure sul piano simbolico: non la capitale, stavolta, ma la città bulgara di Shumen, sulle cui alture campeggiano ancora beffardamente monumenti e architetture risalenti al periodo del socialismo reale.

Stefano Coccia

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