La danza dei sensi
Sono trascorsi quattordici anni dal Black Swan di Darren Aronofsky, il thriller controverso, audace e passionale dalle venature orrorifiche firmato dal regista statunitense, al quale fu dato l’onere e l’onore di aprire la 67esima Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica di Venezia e che valse alla sua protagonista, Natalie Portman, un meritatissimo Oscar per la migliore interpretazione femminile, eppure continua a influenzare e stimolare l’immaginario comune. È stata infatti la sua visione a distanza di tempo dall’uscita a ispirare oltreoceano Antonella Testi nella realizzazione di Tra veli e vigne, il cortometraggio prodotto e fortemente voluto dalla rinomata Cantina Majolini per celebrare la fusione tra l’arte della danza, l’eleganza distintiva della Cantina fondata negli anni Sessanta da Valentino Majolini e la territorialità che valorizza la prestigiosa regione vinicola che la ospita. È qui, per la precisione nel bresciano in quel di Ome, località circondata da boschi, colli e vigneti nella zona nord-est della Franciacorta, che sorge ed è ubicata la prestigiosa azienda. Ed è sempre qui, tra i suggestivi e incantevoli spazi esterni e gli ambienti interni della Cantina, che prende forma e sostanza audiovisiva lo short del quale la Testi ha curato il processo dalla concezione creativa all’output finale.
Per la cronaca, date le caratteristiche tecniche e le fondamenta promozionali del filmato, sarebbe più corretto parlare di spot piuttosto che di cortometraggio, ma quella in questione è un’opera che riesce ad emanciparsi. Lo scopo commerciale resta, ma come è successo in altre occasioni anche per Tra veli e vigne il valore artistico e le qualità messe a disposizione del prodotto e del brand di turno hanno saputo ergersi a qualcosa di più. Non è la prima volta che ciò si verifica e infatti sono molti gli spot o i videoclip che in passato o più recentemente hanno condiviso lo stesso felice destino. E quello diretto dalla Testi nel suo piccolo fa parte di questa cerchia, con il risultato che ha una sua piena indipendenza e rivendica orgogliosamente un’identità artistica che va oltre i meri fini commerciali e promozionali.
Nei sessanta secondi a disposizione, l’autrice materializza una sinfonia di connessioni tra la danza e il Franciacorta. Equilibrio, armonia, tempo e maturazione si intrecciano in un’arte che risveglia i sensi. Ogni sorso racconta una storia unica, come ogni ballerino sul palco. La dualità del cigno si riflette nei diversi vini, offrendo esperienze affascinanti. In ogni calice e in ogni passo, celebriamo l’equilibrio, il tempo, l’individualità e la bellezza della dualità. Un linguaggio universale di bellezza, eleganza e passione, che trasformano elementi semplici in espressioni uniche. Il tutto è racchiuso in una coreografia che si ispira e rievoca il film di Aronofsky, alla quale la macchina da presa partecipa cineticamente danzando insieme alla protagonista (una bravissima Marta Orsi, ballerina professionista che ha lavorato per otto anni con la rinomata Compagnia del Balletto di Milano) tra vigne, botti, corridoi, pile di bottiglie e bicchieri. Una coreografia che nel suo progredire racconta il percorso lungo e paziente che porta alla nascita del vino.
La cinepresa a sua volta si muove liberamente a velocità normale, con slow motion e accelerazioni per andare a catturare dettagli corporei, gesti e passi di danza, riflessi, trasparenze, silhouette in controluce, piume in caduta libera, bolle e bollicine che volteggiamo nell’aria e nei calici. L’apice, visivamente impattante e affascinante, lo si raggiunge al giro di boa con la scena della transizione, quella che vede la protagonista trasformarsi da cigno bianco nella sua nemesi. Il tutto suggellato dalla scelta di immergere le suggestive e potenti immagini in un bianco e nero (curato dal DOP Vincenzo Finizola) che le scolpisce e che dona ad esse sacralità, poesia, tridimensionalità, profondità e una bellezza senza tempo.
Francesco Del Grosso