Stella che brilli lassù guidami tu
Tra i riconoscimenti attribuiti dalla giuria tecnica durante la seconda edizione di Sognielettrici – Festival dell’immaginario fantastico e di fantascienza, conclusasi a Milano lo scorso 21 ottobre, oltre a quello per il miglior film e la migliore regia è stato assegnato anche il premio per i migliori effetti speciali, andato per la cronaca a Polaris di Kirsten Carhew con la seguente motivazione: «per il modo poco invasivo nel quale sono inseriti all’interno di una rappresentazione realistica e spettacolare di un mondo naturale ricco e selvaggio». Nella rosa dei lungometraggi in concorso alla kermesse meneghina, l’esordio della regista canadese si è distinto proprio per la qualità e per l’utilizzo dei VFX, che come sottolinea giustamente la motivazione hanno permesso alla messa in quadro di restituire sullo schermo in maniera credibile ed efficace le condizioni in cui versa il mondo che fa da cornice ostile alla storia narrata.
Corre l’anno 2144 con il pianeta Terra che vive in un inverno perenne. Tra coloro che lo popolano c’è Sumi, un’adolescente cresciuta da un’orsa polare che le fa da mamma. L’incontro con spietati cacciatori spingerà la giovane protagonista a mettersi in cammino verso la stella polare, quella che le indicherà finalmente la strada per la libertà e una via di fuga da un mondo senza speranza che l’ha tenuta a lungo prigioniera. Un cammino, il suo, che si traduce in un’odissea piena zeppa di ostacoli e di malintenzionati crudeli e senza pietà. Durante il viaggio, lo spettatore sarà per tutto il tempo al suo fianco, catapultato insieme a lei in un gelido – nel senso letterale del termine – dramma post-apocalittico. Polaris in tal senso è un riuscito mix tra il suddetto genere, con rimandi all’immaginario distopico di Mad Max o al più recente Snowpiercer, il disaster movie in stile The Day After Tomorrow e il survivor movie a bassissime temperature che come Arctic o Revenant si concentra sulla lotta per la sopravvivenza di un essere umano contro la natura e in questo caso contro la sua stessa specie. Sumi dovrà infatti vedersela con guerriere assetate di sangue, lo stesso che scorrerà a fiumi macchiando di rosso il candore della neve nel corso della timeline, trasformando il film in un violento e crudo rape and revenge movie che ricalca al femminile il mito del ragazzo selvaggio quando dalle parole si passa ai fatti con scene dal forte dinamismo (vedi l’inseguimento e il combattimento sulle motoslitte) che alzano il livello di coinvolgimento.
Parole tra l’altro della quale la Carhew ha deciso di fare coraggiosamente a meno, optando per dialoghi ridotti all’osso appartenenti a una lingua sconosciuta nata a seguito della scomparsa della civiltà così come la conosciamo, con quest’ultima spazzata via da un vero e proprio ritorno all’età della pietra. Ed è qui che la protagonista, interpretata dalla bravissima giovanissima promessa Viva Lee (premiata per la sua performance al Sydney Science Fiction Film Festival 2022), combatte la sua battaglia contro tutto e tutti, una battaglia senza esclusione di colpi bassi che nasconde sotto sotto anche un messaggio ecologista e in difesa degli animali.
Francesco Del Grosso