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Bajo terapia

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VOTO: 8

Terapia di gruppo dalle conseguenze inattese

In una edizione la cui qualità media ci è parsa particolarmente elevata, La Nueva Ola – Festival del Cinema Spagnolo si è proposto anche quale vetrina di pellicole in grado di trascendere i generi, di sterzare all’improvviso verso uno humour trascinante ma dalle coloriture estremamente acide o verso il dramma nudo e crudo, per esempio, senza far perdere il filo allo spettatore per un solo istante.
Il modello più emblematico è in tal senso La mesita del comedor, i cui accadimenti possiedono un nucleo inequivocabilmente horror messo però in scena tramite dialoghi che trasudano ironia, tendendo con decisione a tratti verso la commedia grottesca.
Non troppo distante è la filosofia di un altro lungometraggio iberico, quello diretto da Gerardo Herrero ed ispirato a un’opera teatrale di Matías del Federico. Dalla direzione del festival abbiamo infatti appreso che regista e produzione di Bajo terapia sono soliti battibeccare, scherzosamente ma neanche troppo, sul fatto se il loro sia da considerare più un film drammatico o più una commedia. Dopo averlo visto ci viene da dare ragione ad entrambe le parti, non per una forma di “cerchiobottismo” ma perché le situazioni introdotte sullo schermo, in effetti, mutano pelle con estrema facilità…

La psicoterapia fa comunque da cornice al film spagnolo. In Bajo terapia assistiamo infatti all’incontro di tre coppie in crisi, convocate in uno studio diverso da quello consueto proprio dalla loro psicanalista, che ha predisposto per i pazienti una terapia a dir poco insolita: i tre uomini e tre donne in cura da lei dovranno infatti interagire tra loro, in sua assenza, “autogestendo” la seduta. A guidarli solamente alcune buste con domande e indicazioni già preparate, che li spingeranno a mettere a nudo l’essenza di ciascun rapporto di coppia, zone d’ombra comprese. Anzi, saranno proprio gli aspetti più fragili, scabrosi o in ogni caso disfunzionali delle loro relazioni a surriscaldare l’atmosfera, facendo sì che battute al vetriolo e commenti acidi si susseguano a raffica, rivolti ora verso il partner ora verso uno dei soggetti appena conosciuti.
Con le dovute distanze, il gioco al massacro che viene a crearsi tra i vari personaggi ci ha ricordato un pochino le dinamiche presenti in Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese. Piano piano ogni ipocrisia esce allo scoperto. Tradimenti, paranoie e patetici compromessi diventano oggetto di folgoranti battute e di analisi collettive dall’esito imprevedibile. Complice la bravura degli interpreti, un umorismo sulfureo comincia ad aleggiare in quei pochi metri quadrati, cedendo il passo all’occorrenza a momenti di maggiore introspezione.
Camaleontica tragicommedia sempre sul punto di esplodere, Bajo terapia regala poi un twist finale che sarebbe delittuoso rivelare qui, ma che lascia emergere un discorso tutt’altro che banale, riguardo alla violenza sulle donne o più in generale alle violenze domestiche. Ponendosi quasi, ci si permetta una nota polemica, come avrebbe potuto essere il film della Cortellesi, C’è ancora domani, se fosse stato meno ruffiano e più attento al presente.

Stefano Coccia

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