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Rosalie

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VOTO: 8

In barba a tutto e tutti

Non è mai troppo tardi per portare nelle sale un buon film anche se è trascorso un anno dalla sua prima apparizione pubblica. Lo è specialmente quando questo ha tanto da mostrare e altrettanto da dire come nel caso di Rosalie, opera seconda di Stéphanie Di Giusto in arrivo nei cinema italiani dal 30 maggio 2024 con Wanted Cinema dopo essere stata presentata nella categoria Un Certain Regard al Festival di Cannes 2023 e nella sezione Perlas al San Sebastian IFF 2023. La cineasta francese si è dimostrata più che all’altezza della situazione, realizzando un nuovo lungometraggio dopo La Danseuse meritevole di attenzione per le qualità tecniche, narrative e interpretative espresse
La Giusto preferisce ancora il passato al presente, il ché l’ha portata a riavvolgere nuovamente le lancette dell’orologio fino all’Ottocento per firmare un period-drama a sfondo biografico che parla di riscatto, sogni, emancipazione femminile e amore. Così dopo avere raccontato l’esistenza della danzatrice Mary-Louise Fuller nella pellicola del 2016, sette anni dopo ha deciso di narrare la toccante storia di una giovane donna che decide di fare del suo segreto e della sua diversità la sua forza, prendendo coscienza della sua unicità e mostrando a seguito di anni di occultamento la sua vera natura, lottando contro i preconcetti e i diktat di un’epoca. Quella donna risponde al nome di Rosalie ed è ispirata a Clémentine Delait, una figura femminile affetta da irsutismo divenuta famosa all’inizio del XX secolo proprio a causa del suo volto barbuto e di un corpo coperto di peli. La maggior parte delle donne che soffrivano del medesimo disturbo finivano da sole, nelle fiere, ridotte a volgari “freak”, mentre lei ha saputo fare di quella diversità un punto di forza e un carattere distintivo. Di quella vicenda realmente accaduta e dell’identikit della sua protagonista, la regista parigina ha voluto conservare solo alcuni tratti salienti e da lì è partita per dare forma e sostanza con la collaborazione in fase di scrittura di Sandrine Le Coustumer e Jacques Fieschi alla sceneggiatura di Rosalie.
Interpretata con grandissima intensiva e potenza espressiva da una Nadia Tereszkiewicz che con questa performance mette ulteriormente in evidenza il suo enorme talento, la giovane donna il cui viso e il cui corpo sono anch’essi interamente ricoperti di peli, nonostante la sua diversità, rifiuta di diventare un fenomeno da baraccone e tenta di vivere una vita normale radendosi regolarmente. Tutto cambia quando sposa Abel, proprietario di un caffè sempre vuoto (nei cui panni troviamo un Benoit Magimel reduce da un’altra pregevole prova in Il gusto delle cose) indebitato con il ricco proprietario della fabbrica che dà lavoro a tutta la piccola comunità locale. L’uomo non sa nulla del segreto e la sposa per la sua dote. Tuttavia, Rosalie vuole essere accettata come donna e decide di smettere di nascondere la sua diversità, convincendo il marito che potrà attirare molti clienti con il suo curioso aspetto di donna barbuta. Inizialmente tutto va secondo i piani, ma lo stigma sociale è solo momentaneamente sopito.
Come e se riuscirà a sconfiggerlo e a farsi amare per ciò che è dall’uomo che l’ha sposata lo lasciamo alla visione, ma una cosa è certa: l’epilogo di struggente bellezza e lirismo al quale si va incontro è un autentico colpo al cuore, un fiume in piena dove vanno a confluire e a riversarsi tutte le emozioni accumulate nel corso del racconto. Ripensando a quest’ultimo è impossibile non ricordare Elephant Man di David Lynch, Freaks di Tod Browning e soprattutto La donna scimmia di Marco Ferreri, ma se andiamo ad analizzarlo bene le dinamiche alle quale si assiste sembrano volere suggerire un La bella e la bestia a parti invertite. Se si scava più in profondità nel dramma di fondo a emergere sono delle componenti melò e psudo-favolistica che mettono in discussione i valori e le prospettive che definiscono arbitrariamente il confine tra l’umano e ciò che alcuni definirebbero mostruosità. Su questo confine si muove con sensibilità l’autrice, esplorando i sentimenti altalenanti sia della coppia che delle individualità. Lo fa con un lento avvicinamento affettivo fatto di brusche interruzioni e improvvisi slanci, scontri e incontri, mentre tutto intorno a loro e in particolare a lei si fatto sempre più ostile.
Da questo magma incandescente, accompagnato da una coinvolgente e avvolgente partitura per pianoforte e violino composta da Hania Rani per guidare lo spettatore tra le gioie e i dolori della protagonista, scaturisce un viaggio emotivo che ruota attorno alla complessità della condizione umana, al tema dell’accettazione e al desiderio universale di essere amati per quello che si è. Il risultato tocca per poi spezzare le corde del cuore.

Francesco Del Grosso

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