Sensi di colpa
In un’edizione della Festa del Cinema di Roma 2016 che ha concesso tutto sommato poco spazio al cinema orientale, il Giappone è stato ben rappresentato da The Long Excuse, un’opera connotata da notevole sensibilità, in cui le sfaccettature caratteriali e le tensioni emotive dei personaggi vengono messe bene in risalto. Ne è autrice, del resto, quella Miwa Nishikawa che, oltre a dirigere in proprio alcune apprezzate pellicole (a partire dal lungometraggio d’esordio Wild Berries, datato 2003), è stata anche preziosa collaboratrice di un regista come Hirokazu Kore’eda. E il tocco così peculiare del maestro tende ancora ad emergere, in tale film, attraverso pennellate di malinconia e siparietti al bivio tra delicatezza, rimpianto e sottili ironie.
In The Long Excuse è ancora una volta l’elaborazione del lutto, argomento molto presente nel panorama giapponese contemporaneo, il fulcro di una narrazione che si rapporta al senso della perdita con una giusta varietà di toni. Curiosamente ne è protagonista un attore di spicco, Masahiro Motoki, che tra tanti ruoli importanti ricoperti può vantare anche quello di interprete principale in Departures, film del 2008 premiato con l’Oscar per il Miglior Film Straniero, ed incentrato anch’esso con empatia e finezza sul difficile tema del lutto.
Questo nuovo racconto cinematografico, cui Miwa Nishikawa sa conferire un andamento armonico e riflessivo, vede Masahiro Motoki nei panni di uno scrittore arrivato, egocentrico, viziatissimo, per il quale la tragica scomparsa della moglie in un incidente avviene proprio mentre lui è intento a tradirla per l’ennesima volta, dopo averla bistratta a lungo. Cominciano ad affacciarsi i primi sensi di colpa. Assieme allo sconcerto. Ne deriverà un percorso di redenzione lungo e tortuoso. Un percorso, però, che finisce per coinvolgere e rimettere in discussione il suo modus vivendi non attraverso lo sterile, scontato interfacciarsi coi più triti moralismi, ma per merito dell’incontro e della successiva frequentazione di un piccolo nucleo famigliare, che ha subito la sua stessa disgrazia. L’incidente in cui è morta la moglie aveva infatti riguardato un intero pullman, precipitato nel vuoto senza lasciar scampo agli occupanti, con dinamiche da tragedia collettiva che possono anche ricordare un indimenticabile film di Atom Egoyan, Il dolce domani…
Alternando brevi, indovinati guizzi umoristici a delicati ritratti introspettivi, schierando una folta galleria di personaggi secondari che aggiungono ognuno un tocco di umanità alla storia, Miwa Nishikawa sa portare avanti il racconto senza magari proporre intuizioni geniali, ma con un’attenzione ai protagonisti e al dramma da loro vissuto che non pecca mai di retorica, coinvolgendo fino in fondo lo spettatore.
Stefano Coccia