Uccelli che volano basso
Imbarazzante? Deprimente? Qualora ci si chiedesse una definizione secca dell’indigesto lungometraggio con protagonista Enrico Brignano, avremmo qualche indecisione su quale di questi due aggettivi meriti la precedenza. Ma di sicuro andrebbero bene entrambi. Altrettanto sicuro è che proprio la depressione può farsi strada, insistentemente, nei pensieri di colui che si trovi a riflettere sulla natura dell’umorismo di bassa lega e degli altri mezzucci narrativi, intorno ai quali ancora si tenta di costruire esili commedie, che abbiano poi vita facile al botteghino. Siamo certi, però, che i nomi noti nel cast e qualche trailer accattivante siano sufficienti, in questo caso, a garantire il preventivato successo a un film come Tutte lo vogliono, così povero di idee e fiacco persino sotto il profilo della comicità? Giunti faticosamente ai titoli di coda, siamo stati assaliti anche da questo dubbio…
Il regista della sciagurata impresa cinematografica, tra l’altro, è un recidivo: con l’insipida e piatta filmografia di Alessio Maria Federici avevamo già preso confidenza, ahinoi, riscontrando un’analoga miseria nei banalissimi duetti attoriali cui davano vita, in Fratelli unici, Bova e Argentero. Li avevamo visti alle prese, nella circostanza, con una speciale gara di “piacionismo”, concepita nella speranza che almeno le loro fan più accanite apprezzassero. Così come il desiderio, neanche troppo recondito, alla base di questa nuova produzione imbastita sui gusti dell’italiano medio è quello di accalappiare, col minimo sforzo, tutti coloro che impazziscono per gli sketch di Enrico Brignano; il quale era già stato protagonista, assieme ad Ambra Angiolini, di un altro lavoro a tema (in questo caso la sfiga) firmato da Alessio Maria Federici, Stai lontana da me.
Ma c’è un problema. Un grosso problema. Piaccia o non piaccia, la comicità di Brignano riesce a far breccia sia a teatro che in televisione. Al cinema, invece, escono fuori tutti i suoi limiti, che anche per una questione di appeal e di tempi comici rendono i “numeri” a lui cari decisamente ripetitivi, melensi, senza mordente. Ciò che ne consegue, viste le scialbe derive sentimentali, è quasi un “pieraccionismo” di ritorno, persino più spento e amorfo dell’originale.
In sostanza Tutte lo vogliono è una commedia degli equivoci (o un equivoco di commedia) basata su meccanismi elementari, faciloni, oltre che tendenzialmente volgari e ruffiani. Il problema della leggiadra e altolocata fanciulla impersonata da Vanessa Incontrada è essenzialmente quello di essere “anorgasmica”. Per cui, consigliata da un’amica, decide di contattare un GPS, ovvero un Generoso Partner Sessuale. Caso vuole che il classico scambio di persona le faccia conoscere, invece del prestante individuo, un bonario e pacioccone amante degli animali, per l’appunto Brignano, più in vena di relazioni serie che di semplici avventure erotiche.
Come nella peggior tradizione di quelle odierne commedie italiche, ricalcate sulla nullità espressa da molte fiction televisive, la confezione visiva è di una pacchianeria senza limiti (tranne quelli imposti dal product placement, teso nella circostanza a esaltare determinati marchi di vestiario), i contenuti poveri, la recitazione imbolsita. Nello specifico Brignano & company si impegnano a fondo (ma neanche troppo a fondo), nel tentativo di valorizzare battutacce su suore che possiedono uccelli, oppure rivisitazioni delle paradossali teorie di Lorentz… ma con un inedito contorno di cetrioli. Ciò che irrita veramente, di tutto ciò, è quel clima di finta trasgressione e reale (ma degradato) cameratismo maschile, che sfocerà poi immancabilmente in un ricompattarsi del precario rapporto tra i due protagonisti, destinati a riconciliarsi e innamorarsi davvero solo dopo averci propinato la consueta galleria di luoghi comuni su frigidità femminile, primi appuntamenti sfigati, uomini che devono prendere l’iniziativa e amici burloni. Per non farci mancare proprio nulla, collegata alla singolare attività lavorativa di Brignano, vi è anche una fitta presenza di animali dall’aria buffa, così da poter strizzare l’occhio anche a quella parte di pubblico, educata ormai dai social network, che si scompiscia dalle risate di fronte alle immagini di qualche uccello parlante o di scimmie che imitano gli umani. Da parte nostra, invece, si pretenderebbe qualcosa di più…
Stefano Coccia