Nessuna soluzione alternativa
Il Primo Ministro belga viene rapito. Se vuol essere rilasciato, dovrà assassinare il Presidente degli Stati Uniti.
Queste poche righe di sinossi, sottratte al catalogo dell’ottava edizione del Bif&st, dove The Prime Minister è stato presentato nel fuori concorso della sezione Panorama Internazionale, spingerebbero chiunque a pensare all’ennesima pellicola made in USA. Ma come vedremo non è così. A farcelo pensare, quanto basta per cadere diritti nella trappola, una serie di film di produzione statunitense che con la suddetta opera hanno, per un motivo o per un altro, non pochi punti in comune: da Air Force One a Minuti contati, da Sotto assedio – White House Down a The Assassination of Richard Nixon, passando per Attacco al potere – Olympus Has Fallen e relativo sequel (Attacco al potere 2 – London Has Fallen). Chi ha avuto modo di vederli negli anni passati sa a cosa ci riferiamo, e a quali analogie, soprattutto nel plot, facciamo riferimento, a cominciare dal protagonista di turno la cui incolumità (e con essa quella dei propri cari) viene messa in discussione da uno o più terroristi. E come se non bastasse, dal loro destino finirà con il dipendere la sicurezza nazionale e non solo. In ballo, infatti, c’è la vita del Presidente americano che, in questo caso, non è Obama, tantomeno il neo-eletto Donald John Trump, bensì una donna. In cuor suo (come in quello di tantissimi altri), forse, all’epoca delle riprese (2016) il regista di The Prime Minister aveva scommesso e sperato nella vittoria della Clinton, ma il verdetto uscito dalle urne è stato un altro.
Insomma, come avrete intuito l’originalità non il piatto forte della pellicola in questione. Sono le numerose analogie riscontrate nell’arco della visione a dircelo. Di conseguenza non entreremo nel merito, poiché rischieremmo di ripetere critiche già sollevate in passato a proposito dei film diretti da Antoine Fuqua, Babak Najafi,Wolfgang Petersen e Roland Emmerich; vale a dire il prosciugamento della drammaturgia, la riproposizione seriale di dinamiche ed eventi fotocopia, per chiudere in bellezza un disegno appena abbozzato dei personaggi principali e secondari. Il tutto a favore e in nome del box office, ma soprattutto per facilitare la fruzione di quella larga fetta di pubblico che alle parole preferisce i fatti, ossia una buona dose di azione e mistery riversata sullo schermo attraverso una confezione votata alla pura spettacolarizzazione. Da questo punto di vista, The Prime Minister non si distacca da certi modus operandi, anzi li asseconda e li replica a suo modo. Sta qui la differenza, ossia la capacità degli sceneggiatori di prendere in prestito il già visto per poi metterlo al servizio di un prodotto mainstream davvero efficace, tanto narrativamente quanto stilisticamente. Ne viene fuori un solido thriller dalle venature action che, a differenza degli esempi fatti in precedenza, non porta sul grande schermo assurdità o peggio ancora dinamiche che sfidano l’intelligenza umana e con essa le leggi della natura. Qui, buoni e cattivi si fronteggiano faccia a faccia, anche se gli scheletri negli armadi ce li hanno davvero tutti, a cominciare dal protagonista. Non ci sono supereroi o esseri umani indistruttibili. Così come non si registrano scivoloni tali da mettere seriamente in discussione la credibilità o la possibilità che certi eventi possano accadere. La Storia insegna. In poche parole, tranne in un piccolo passaggio in prossimità dell’epilogo, lo spettatore non si troverà mai al cospetto di azioni tanto assurde da apparire impossibili o addirittura comiche. Tutto resta, dal primo all’ultimo fotogramma utile, sulla soglia del possibile e del verosimile.
È questo l’aspetto che più ci ha colpito del film scritto e diretto da Erik van Looy. Il regista e attore, già autore in passato di apprezzate pellicole di genere come il pluri-premiato crime The Memory of a Killer o il giallo The Loft, firma un solido thriller che viene diritto diritto dai Paesi Bassi, per la precisione dal Belgio. In tal senso, il film che non ti aspetti da una cinematografia come quella belga, che non ha a disposizione ingenti risorse economiche come quella a stesse e strisce, eppure è capace di sfornare titoli degni di nota: da In Bruges – La coscienza dell’assassino a Nuit blanche, da Coup de chaud a La meccanica delle ombre, passando per The Treatment. Quello di van Looy è un buonissimo accumulatore di tensione, con un voltaggio che si conserva sempre molto alto grazie a un ritmo sostenuto e a successione di scene di grande impatto (su tutte il rapimento del protagonista o il corpo a corpo nel bagno che vede la segretaria e la moglie del Presidente darsele di santa ragione con uno dei terroristi). Contribuiscono alla causa la convincente performance davanti la macchina da presa di Adam Godley e la pirotecnica ed eclettica regia del cineasta fiammingo, ben supportato dal montaggio di Philippe Ravoet e dalla fotografia Danny Elsen. Per gli amanti del cinema di genere, The Prime Minister è un film da non perdere.
Francesco Del Grosso