L’ineffabilità del pinguino
Una delle caratteristiche che più apprezziamo ed amiamo di Roman Polański è la sua capacità di esplorare i generi rimanendo sempre fedele a se stesso, riprendendo ciclicamente le proprie tematiche preferite ma variandone le modalità di messa in scena. Così, quattro anni dopo L’Ufficiale e la Spia, film storico in cui racconta del famoso caso Dreyfus, che sconvolse l’opinione pubblica francese alla fine del XIX secolo, il regista torna a divertire con una commedia nera, surreale e grottesca, ironizzando a suo modo sul genere come già aveva fatto – ad esempio – in Per favore non mordermi sul collo (1967) e in Che? (1969).
Nel mezzo, ci preme citare l’aver impersonato se stesso in Polanski, Horowitz. Hometown (Hometown, La strada dei ricordi) di Anna Kokoszka e Mateusz Kudla, documentario del 2021, presentato tra gli Special Screening della Festa del Cinema di Roma 2022, in cui i due vecchi amici ripercorrono insieme il loro passato e le strade polacche che li hanno visti testimoni diretti, con destini diversi, degli orrori della Seconda Guerra Mondiale e della persecuzione nazista. Se Ryszard Horowitz fu deportato piccolissimo ad Auschwitz e salvato da Oskar Schindler (e lo si può intravedere in una rapidissima apparizione in Schindler’s List di Steven Spielberg), il giovane Roman è scampato fortunosamente alla deportazione (non così i suoi genitori), accolto e nascosto da una famiglia di contadini in un piccolo villaggio di campagna. Il ritorno a casa, a Cracovia dove entrambi hanno frequentato lo stesso liceo artistico è dunque costellato di ricordi dolorosi, che i due ripercorrono con imprevisto ed imprevedibile umorismo, opponendo il proprio sorriso, le proprie risate ad un atteggiamento vittimista, con una misura ed una distanza che solo i testimoni diretti di tanto orrore possono permettersi. Il senso dell’assurdo, del paradosso umoristico, che ritroviamo in tutti o quasi i film del regista, e di cui The Palace fa sfoggio scintillante.
The Palace, da noi recuperato a Ciak Polska 2024 ma presentato in anteprima fuori concorso alla 80ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, è una sorta di assurdo e provocatorio cinepanettone in perfetto stile Polański, girato nel vero Palace Hotel di Gstaad, in Svizzera, dove lo stesso regista ha soggiornato nel Capodanno 2000, ed ambientato proprio in quelle ultime vacanze di Natale di fine Millennio. D’altronde, il passaggio dal 31 dicembre 1999 al 1 gennaio 2000 è un Capodanno speciale, con il Millennium Bug e la fine del mondo sospesi come la spada di Damocle sulle nostre teste; riuniti in un sontuoso hotel per Vip, gli istrionici personaggi del film vivono ciascuno a proprio modo questo momento storico.
Domatore di questo circo variopinto, il direttore Hansueli, interpretato da un impeccabile ed ironico Oliver Masucci, affiancato dal nostro Fortunato Cerlino nei panni del receptionist tutto fare Tonino, cerca di accontentare le richieste più disparate ed assurde con un savoir faire ed una eleganza irreprensibili, mantenendo la calma finanche di fronte ad un pinguino che gira per i corridoi. Tra gli ospiti, molti volti noti che si sono prestati a diventare una sorta di maschera grottesca di loro stessi regalando al regista ed al pubblico una interpretazione eccellente ed indimenticabile: da Fanny Ardant a Mickey Rourke, da John Cleese a Joaquim De Almeida, sino al nostro Luca Barbareschi, ognuno ha il suo posto preciso nel puzzle disegnato e diretto da un divertito e divertente Polański, burattinaio di questo insieme disparato di marionette, di cui tesse i fili con perizia e compiacimento.
The Palace è intriso di black humor come del grottesco e del surreale tanto cari al grande regista, è una commedia assurda, provocatoria ed irresistibile che rimanda sì ai nostri amati e stigmatizzati cinepanettoni vanziniani, ma rivisitati con uno sguardo internazionale; una versione polacco/elvetica/italiana che porta lo stereotipo a livello mondiale, dal giovane ceco di campagna mai riconosciuto dal padre che si presenta in hotel con tutta la famiglia cercando un impossibile rapporto con lui ai russi impegnati in un affare ampiamente al di fuori della legalità che arrivano con modelle al seguito ed assistono in diretta Tv alle dimissioni di Eltsin ed all’ascesa di Putin, fino al classico bell’idraulico pronto ad occuparsi dei tubi di scarico e non solo. Uno sguardo che ha origine dall’osservazione acuta e minuziosa degli ospiti che Polański ha conosciuto e studiato da vicino durante i suoi soggiorni a Gstaad e che viene poi ampliato nella sceneggiatura a sei mani, scritta dallo stesso regista con Jerzy Skolimowski ed Ewa Piaskowska.
Michela Aloisi