Storia polacca in chiave satirica
Chi scrive non ha grande stima di Netflix, ma anche Netflix a volte può fare cose buone. E nei giorni scorsi alla Casa del Cinema ne abbiamo scoperte ben due, entrambe legate alla dodicesima edizione di CiakPolska! La prima è stata consentire la proiezione pubblica di un film legato alla piattaforma, The Hater di Jan Komasa, dall’impatto sul grande schermo davvero notevole. La seconda è aver prodotto una serie televisiva, 1670, che ci ha stupito per la sua originalità e irriverenza…
I registi degli episodi sono Maciej Buchwald e Kordian Kądziela, ma tutto è partito da un’idea di Jakub Rużyłło, lo showrunner come si usa dire, che a partire da questo suo ruolo di sceneggiatore (associato in passato a intriganti esperienze musicali) ha anche condotto alla Casa del Cinema un’apprezzata, seguitissima masterclass.
Oltre che per 1670, Jakub Rużyłło è famoso in patria per la versione polacca di The Office, serie di grande successo nata in Gran Bretagna nel 2001 e “clonata” poi in svariati paesi, un po’ come è capitato nel mondo del cinema a Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese.
Il fatto che la matrice anglosassone di The Office e la comicità dei Monty Python siano i punti di riferimento candidamente ammessi da Jakub Rużyłło, le coordinate geografiche del suo modo di intendere l’intrattenimento televisivo, ci offre subito lo spunto per definire l’unicità, o almeno la piacevole anomalia, rappresentata da 1670: una ventata di situazionismo, di British humour riveduto e corretto, calata in forma di mockumentary e di sghemba docu-fiction nella Polonia del passato.
Goliardico, ironico e irriverente modo di guardare alla tradizione polacca, 1670 è un peraltro curatissimo prodotto in costume ambientato per l’appunto nel XVII secolo, laddove la Polonia e la Lituania – in seguito all’Unione di Lublino del 1569 – risultavano ancora unite sotto la stessa Corona. Il già menzionato Jakub Rużyłło ha così eletto a protagonista della serie un tronfio aristocratico dell’epoca, per il quale con una certa sfrontatezza ha in più scelto un nome, Jan Paweł Adamczewski, che non può non ricordare un altro famoso Giovanni Paolo della storia polacca… e mondiale.
Ebbene, l’incorreggibile Jan Paweł, la sua scombinata famiglia di latifondisti (nota di merito per la cattolicissima e inquietante moglie), i contadini del villaggio e altri personaggi di passaggio sono protagonisti di brevi, folgoranti episodi (durante il festival, per volontà dello sceneggiatore, ne sono stati mostrati il primo e il terzo) in cui la descrizione satirica e vagamente surreale di questo universo arcaico apre le porte a spiazzanti, arguti riferimenti al nostro presente, alla sensibilità odierna. Tant’è che, se l’elemento parodistico prevale all’inizio della serie, man mano che si va avanti gli autori hanno saggiamente puntato su un approfondimento dei singoli personaggi, delle loro manie, talvolta anche del loro desiderio di emanciparsi da tale mondo: il che fa sì che oltre al divertimento, al ritmo (propiziato anche dalle ottime scelte musicali, rapportate proprio all’epoca in questione) e alla sorpresa per come viene rappresentato questo importante periodo storico, vi sia pure la curiosità per le scelte dei personaggi principali, tra i fattori che hanno reso 1670 una delle serie “autoctone” più amate di sempre, in Polonia.
Stefano Coccia