Io sono vendetta
Quando la capacità o la voglia di dare un seguito il più originale possibile a qualcosa di pre-esistente viene meno, quando la materia prima narrativa inizia a scarseggiare o si è detto tutto ciò che c’era da dire su una data storia o personaggio, a quel punto la scelta più saggia da prendere – anche se dolorosa – dovrebbe essere quella di congedarsi e lasciare calare il sipario una volta per tutte. A un certo punto bisognerebbe avere il coraggio di dire basta e scrivere la parola fine a un’avventura per lasciare un buon ricordo invece di deturparlo. Tante sono le saghe che dopo svariati capitoli all’attivo sono giunte ai titoli di coda, molte delle quali però prima di farlo hanno spremuto fino all’ultima goccia di sangue rimasta nelle vene il franchise di turno pur di monetizzare.
Nel caso di Batman, uno dei supereroi più famosi e iconici dell’universo DC Comics, nonostante i live-action all’attivo per il grande schermo, le numerose pellicole animate e serie televisive, i videogiochi e ovviamente i fumetti che l’hanno visto nascere, cinematograficamente parlando non sembra venuto ancora il momento di appendere il mantello e la maschera al chiodo. Eppure dopo la potentissima trilogia nolaniana, ai quali sono seguiti i cross-over di Zack Snyder che lo hanno visto chiamare in causa, l’aria che si respirava era quella di un glorioso addio, proprio in virtù del miracoloso riavvio che aveva di fatto riportato il personaggio agli antichi splendori, quelli che all’epoca aveva conosciuto grazie a Tim Burton prima che il compianto Joel Schumacher consegnasse al grande schermo due sequel indegni.
Ma non è stato così ed eccoci a fare i conti con un ulteriore tentativo di rinascita, simile a quella di una fenice dalle ceneri, con un reboot che rimescola le carte in gioco riportando il Batman cinematografico all’anno zero. Dunque non è di un prequel che si sta parlando come si era inizialmente ipotizzato, tantomeno di un sequel con collegamenti diretti a Batman v Superman: Dawn of Justice, Sucide Squad, Justice League e Zack Snyder’s Justice League. Non a caso il titolo scelto è The Batman, con l’uomo pipistrello, il cavaliere oscuro, o più semplicemente Bruce Thomas Patrick Wayne, l’allora bambino che ha dovuto assistere all’assassinio dei suoi genitori e diventato un ricco ereditiere cresciuto nella convinzione di voler intraprendere la sua personale crociata contro il crimine di Gotham City, sfruttando la sua ricchezza e indossando un costume da vigilante e vendicatore della notte per incutere il terrore nei nemici di turno.
Con Matt Reeves al timone e Robert Pattinson nei panni del protagonista si ritorna quindi alle origini. Il regista statunitense, con la complicità in fase di scrittura di Peter Craig, riavvolge il nastro, ma senza necessariamente rievocare, se non a parole o con piccoli frammenti, l’infanzia del giovane Wayne. Scelta che proietta Batman e un Bruce adulto in una metropoli messa a ferro e fuoco da una criminalità e da un’illegalità imperanti, che l’hanno resa una cloaca marcia e alla deriva, infettata da una corruzione dilagante e da una violenza sempre più efferata. Qui si consuma una nuova feroce battaglia tra il vendicatore mascherato e gli antagonisti di turno, vecchie conoscenze della saga che tornano a seminare terrore tra le strade e i vicoli di una Gotham avvolta nell’oscurità e spazzata da una persistente pioggia battente.
Quella di una notte che sembra non avere fine, a cominciare da quella di Halloween con la quale si apre il film, diventa la cornice della battaglia senza esclusione di colpi e detonazioni tra Batman e le minacce rappresentate dal boss Carmine Falcone, Oswald Cobblepot detto Pinguino ed Edward Nashton meglio noto come l’Enigmista. Al fianco del protagonista in questa guerriglia urbana ritroviamo il Detective James Gordon, il maggiordomo tuttofare Alfred con precedenti in MI6 e Selina Kyle/Catwoman. Sono queste le due fazioni contrapposte in The Batman, con l’uomo pipistrello che ne rappresenta lo spartiacque e l’ago della bilancia. Non è indubbio da quale parte quest’ultimo decida di stare, ma i tormenti interiori e le verità sul suo passato che vengono a galla nelle tre ore di timeline scaraventano il plot, il personaggio principale e la disumanità che lo circonda all’interno di un Vaso di Pandora destinato a implodere. La lotta tra il bene e il male, tra l’ordine e il caos, è ovviamente al centro del racconto, ma Reeves fa di tutto – e ci riesce – per mantenere lo scontro su un filo sottile teso tra i due estremi che potrebbe spezzarsi da un momento all’altro.
Il regista statunitense ridisegna l’interiorità di un Wayne/Batman ancora più oscuro rispetto a quello di Nolan, interpretato con grande efficacia da Pattinson, facendolo camminare sull’orlo dell’abisso. Lo cala in una confezione vintage e al contempo high-tech, che ci fanno riassaporare contemporaneamente le atmosfere dei capitoli burtoniani e quelli firmati da Nolan, dandogli però un’impronta cruda e realistica. Così facendo, Reeves fa del suo The Batman un miracoloso e riuscito compromesso tra le versioni dei predecessori, cancellando una volta per tutte il ricordo dell’imbarazzante deriva pop voluta da Schumacher. Il tutto proiettato in una sfera personalizzata che aumenta in maniera esponenziale gli ingredienti thriller, crime e action, che nei precedenti episodi sono sempre stati al servizio della drammaturgia più che elementi preponderanti come in questo caso. La solida linea mistery, in tal senso, costituisce la colonna vertebrale dell’esoscheletro narrativo, spettacolarizzato in messa in quadro da scene d’azione dal forte impatto visivo (vedi l’adrenalinico inseguimento tra la batmobile e la vettura in fuga guidata dal Pinguino , la prima irruzione di Batman nel club o l’epilogo balistico nello stadio). In questo modo, l’esito riesce a mescolare esigenze commerciali e d’intrattenimento con quelle autoriali. Questa formula a conti fatti risulta vincente.
Francesco Del Grosso