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Batman v Superman: Dawn of Justice

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VOTO: 5

Insieme per forza

La buona notizia: chi aveva visto, agli albori del progetto di Batman v Superman: Dawn of Justice, l’ennesima occasione per una “marchetta” cinematografica atta a rastrellare quanto più milioni (in dollari, euro e altra valuta) possibili nei botteghini internazionali, sarà costretto a ricredersi. Il tanto atteso crossover tra due dei più popolari supereroi – con un’aggiunta a sorpresa – del fumetto, infatti, si prende molto sul serio, innestando nel tessuto narrativo sottotesti assolutamente non trascurabili, come il libero arbitrio nell’esercizio del Potere da parte di chi ne detiene le leve per grazia ricevuta (segnatamente i superpoteri di cui è un possesso Clark Kent/Superman), l’atteggiamento dell’incarnazione più burocratica della politica di fronte al classico “uomo forte” (e il personaggio della senatrice Finch interpretato da Holly Hunter offre in tal senso più di uno spunto di riflessione) e infine, aspetto certamente ancor più interessante, la ricchezza materiale da usare come passepartout per penetrare nelle classiche stanze dei bottoni, laddove si prendono le decisioni che contano. Non a caso, nel terzetto dei personaggi che vanno a comporre il triangolo scaleno del film di Zack Snyder, due di essi sono miliardari senza se e ma, ovvero un Bruce Wayne/Batman dalla decifrazione ambigua per gran parte della durata di Batman v Superman: Dawn of Justice e un giovane Lex Luthor – interpretato dall’ottimo Jesse Eisenberg – che nella sua lucida follia risulta il character più stimolante dell’intero lungometraggio. Va da sé, dunque, che sia proprio Luthor a complottare verso la figura di un Superman mosso, nelle proprie azioni, semplicemente da una personale concezione morale di giusto e sbagliato: comportamento quest’ultimo che fornisce il pretesto agli autori della sceneggiatura Chris Terrio e David S. Goyer per calcare la mano sulla parabola cristologica di Superman stesso, da messia laico a presunto traditore della causa fino a divenire definitivo salvatore in seguito ad epico duello finale – combattuto assieme a Batman e alla new entry Wonder Woman – contro Doomsday, creatura aliena da Krypton resuscitata per l’occasione dal novello Frankenstein Lex Luthor. Sulla carta tutto giusto allora: un colpo al cerchio di chi, tra gli appassionati di prima generazione, pretendeva un film “serio” come primo incontro cinematografico tra la coppia di supereroi ed un altro alla botte riservato al pubblico di teenager, ovviamente desideroso di assistere a molteplici sequenze di azione dura e pura.
La notizia molto meno buona riguarda però l’esito finale di questa, a proprio modo ardita, mescolanza di generi assai distanti tra loro; il dramma introspettivo, il thriller politico e l’action survoltato non si fondono mai armonicamente, dando vita ad un’opera di pesantezza – complice anche le due ore e mezzo di durata – pressoché insostenibile. La sceneggiatura non si sofferma quanto dovuto nella descrizione del travaglio interiore di Superman e Batman, supereroi che restano troppo ancorati ad una iconografia tradizionale per spiccare un nuovo volo verso quegli altri lidi che forse un’operazione di siffatta tipologia avrebbe preteso. E Henry Cavill e Ben Affleck, calatisi nei rispettivi costumi, mostrano una rigidità che non scaturisce solamente dalle loro, discutibili, doti attoriali. In più la regia di Zack Snyder conferma la predisposizione “genetica” ad una magniloquenza formale tendente al tronfio gratuito, come ampiamente dimostrato in lavori precedenti quali ad esempio 300 (2006) e Sucker Punch (2011) e poco salva la baracca una certa, senz’altro meritoria, attenzione ai personaggi femminili della storia, quali Lois Lane/Amy Adams o la stessa presenza risolutiva di Wonder Woman/Gal Gadot, peraltro inserita con pachidermica irruenza nell’insieme. Con tutta probabilità un approccio caratterizzato da una maggior leggerezza avrebbe decisamente giovato alla causa nonché aumentato il tasso di spensierato divertimento, perlomeno facendo un ragionamento a posteriori. Ed il fatto che tra il cinema di Zack Snyder e quello di Christopher Nolan – per l’occasione saggiamente defilatosi nel ruolo di produttore esecutivo – intercorra un autentico abisso qualitativo ci pare verità a dir poco inoppugnabile.
Batman v Superman: Dawn of Justice resta comunque, se non altro per ragioni squisitamente filologiche, un film spartiacque del filone. Il primo, c’è da temere, di una lunga serie di ibridi che difficilmente porteranno nuova linfa a quel tipo di cinema sospeso in, storicamente difficoltoso, equilibrio tra autorialità e incassi.

Daniele De Angelis

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