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Race for Glory – Audi vs Lancia

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Day 10, Casa Fiorio_ Torino, compleanno, giardino
VOTO: 7.5

Appassionante film che ripercorre una memorabile vicenda dell’automobilismo

E’ il 1983 e il mondo delle corse automobilistiche vive un’epoca d’oro. Cesare Fiorio (Riccardo Scamarcio) è alla guida del reparto sportivo della Lancia ed è un uomo che desidera ardentemente tornare a vincere il campionato mondiale di rally, allora popolarissimo. L’avversario da battere è l’Audi Quattro che, come suggerisce il nome, ha sviluppato una trazione a quattro ruote motrici e domina incontrastata da tempo. Non c’è solo la questione puramente meccanica: dalla parte dei tedeschi c’è anche la bravura del loro direttore tecnico Roland Gumpert (Daniel Bruhl), del loro primo pilota Hannu Mikkola (Gianmaria Martini) e una invidiabile preparazione tecnica appoggiata da generosi investimenti. Fiorio, per allestire un campionato competitivo, deve praticamente partire da zero, ma a questi ostacoli si aggiunge anche un generale scetticismo degli stessi manager Lancia, piuttosto restii a fornire l’aiuto economico necessario perché il “gap” tecnologico con l’Audi c’è e al momento è incolmabile. Fiorio deve dunque agire sfruttando con intelligenza le carte a sua disposizione: si affida ad una vettura, la Lancia 037, progettata con sole due ruote motrici ma leggera e velocissima sull’asfalto, e poi cerca di reclutare il miglior pilota che conosce. Questi è Walter Rohrl (Volker Bruch), che però è già sazio di successi ed ha già visto troppo da vicino la morte. La strategia è quella di cercare di vincere tutte le gare in cui si corre soprattutto sull’asfalto, mollando l’idea di battere l’Audi sullo sterrato. Una scelta coraggiosa ma estremamente rischiosa e, come se non bastasse, Rohrl decide di accettare la proposta di guidare la nuova Lancia, ma solo sui percorsi a lui più congeniali e, dunque, facendo mancare il suo supporto completo. Per sostituirlo nelle gare in cui non desidera partecipare, la squadra assume un giovane e promettente pilota, Ugo Kurt (Giulio Brizzi). Si alza così il sipario su una delle più entusiasmanti e drammatiche annate mai vissute dal rally mondiale, una che ha cambiato la storia e in cui ha giocato un ruolo fondamentale la tenacia e l’inesauribile sete di vittoria di Cesare Fiorio, conseguendo un primato contro gli avversari esterni dell’Audi e anche contro quelli interni, nella stessa Lancia.
Stefano Mordini dirige ottimamente Race for Glory, un film che dalla sua ha già tutte le carte in regola per essere appassionante: l’astuzia e la strategia contro una forza superiore, un campionato tiratissimo, personaggi che sono entrati di diritto nella storia dell’automobilismo e potenti auto. Questa miscela adrenalinica costituisce una storia che sembra pronta per il grande schermo. Riccardo Scamarcio, che ormai da tempo è a suo agio nel ruolo di produttore cinematografico, lo capisce e insegue con tenacia un progetto che gli dà ragione. Come egli stesso ha potuto spiegare durante la presentazione della pellicola, si tratta di ammirare “lo scontro fra la genialità, il coraggio e la passione contrapposte all’arroganza del potere del denaro”. C’è un altro dettaglio importante che vuole aggiungere, ovvero quella di poter rappresentare “la semplicità di un mondo meccanico, analogico e non elettronico, la sua semplicità e onestà, due aggettivi oggi un po’ in disuso in una società contemporanea che preferisce i supereroi. Nel nostro film non vola nessuno, ma elogiamo invece gli uomini autentici che ne sono protagonisti, incluso l’avversario germanico e il suo romanticismo, senza nazionalismi stupidi”. Gli anni Ottanta dunque, già raccontati spesso al cinema quale epoca irripetibile, tornano di nuovo con un’impresa sportiva realizzata in un momento in cui il rally era all’apice della sua popolarità. Lo stesso Cesare Fiorio, anch’egli presente, applauditissimo, ha ricordato come quell’anno sia stato un autentico punto di svolta: forse, senza quel trionfo, non ci sarebbero state le vittorie conseguite di lì a poco dall’altra vettura sviluppata per alzare ancora il tiro, un’icona quale la lancia Delta che, ormai acquisita la tecnologia della trasmissione integrale, nei campionati successivi fece incetta di gloria e trofei. Era una congiuntura storica che favoriva un ambiente emozionante in cui correre. Ancora Fiorio, con un po’ di nostalgia, ricorda anche come quel rally, in quel preciso momento, attirasse decine di migliaia di tifosi “a quei tempi si guidava fra ali di folla” sospira “oggi non c’è più lo stesso pubblico”.
Sebbene siano interessanti i passaggi in cui si spiega, in termini mai troppo complessi per fortuna, quali sono le caratteristiche e le trovate tecniche di volta in volta impiegate, emerge un film fatto soprattutto di uomini, di professionisti, di persone che si dedicano con entusiasmo ad una disciplina che può costare molto cara, anche la vita. Dietro al volante ci sono i piloti, con la loro abilità, le loro debolezze e paure. La figura di Rohrl, in questo senso, è particolarmente affascinante: disposto a rivaleggiare testa a testa anche durante un semplice trasferimento da una tappa all’altra, non esita a fermarsi per acquistare, lui appassionato apicoltore, un barattolo di delizioso miele artigianale. E mentre dà tutto se stesso quando sceglie di gareggiare, sa anche quando evitare tracciati che ormai forse lo spaventano troppo. Per ricordarci quanto il pericolo sia reale, letale, nel mondo delle corse, nella sceneggiatura viene utilizzata la figura fittizia di Ugo Kurt proprio per rappresentare un terribile incidente in Finlandia, palesemente ispirato a quello dalle più drammatiche conseguenze che capitò in Corsica allo sfortunato Henri Toivonen nel 1986. D’accordo con lo sceneggiatore Filippo Bologna, infatti, Mordini ha preferito cambiare alcuni dei fatti narrati, per romanzare i passaggi più delicati, gestire artisticamente la storia e anche per rispetto di chi durante quella stagione, in Finlandia, perse la vita: il navigatore Reijo Nygren su una Ford Escort.
Il regista ricorda comunque che il film è stato girato con il massimo del realismo possibile, senza ricorrere ad una abusata computer grafica: sono veri i luoghi, sono vere le auto, è vero quindi il rapporto profondo fra questo sport e gli stessi scorci naturali in cui si svolge. Una sfida nella sfida “è uno sport molto difficile da raccontare”, spiega Mordini, “è pur sempre una crono, ovvero si corre contro il tempo e non contro l’avversario, è complicato da rappresentare. Quindi abbiamo voluto puntare anche sul racconto emotivo oltre che sportivo”.
Infine, è bene segnalare la grande attenzione fatta per il sonoro, dove è possibile assaporare il rumore dei motori, gli scatti meccanici dei pedali, delle marce innestate senza sosta, a sottolineare la fatica anche fisica che viene fatta nell’abitacolo dei bolidi che vediamo sullo schermo.
Volendo trovare qualche difetto, a noi è sembrato non sempre brillante il doppiaggio degli attori non italiani e, in fin dei conti, la presenza della dietologa Jane McCoy (Katie Clarkson-Hill) sembra un po’ forzata, a voler quasi inserire un volto femminile in un ambiente forse dominato da troppe presenze maschili. Ma onestamente queste rimangono impressioni soggettive di chi scrive.
E’ una storia assolutamente avvincente e, finalmente, espressione di un cinema europeo che, senza affatto sfigurare, si inserisce nel filone dei precedenti Rush (2013) e Ford vs Ferrari (2019).
E che consigliamo anche a chi non è un appassionato del mondo delle corse.

Massimo Brigandì

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