La piaga di Sardegna
Tra il 2022 e il 2023 circa 60mila ettari di territorio in Sardegna sono stati infestati da un’invasione di cavallette che ha messo in ginocchio le campagne locali e di conseguenza l’indotto derivante dall’agricoltura e dalla pastorizia. Tra le zone più colpite figurano 26 paesi nel centro Regione tra cui Noragugume, in provincia di Nuoro. Ed è qui, nel pieno dell’assedio delle fameliche locuste, che Francesco Piras con l’approccio di un instant-movie ha ambientato il suo nuovo lavoro sulla breve distanza dal titolo Tilipirche, che in sardo significa proprio cavallette.
Evento speciale di chiusura della Settimana Internazionale della Critica all’80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il cortometraggio ha preso poi parte alla prestigiosa vetrina del Festival International du Court Metrage a Clermont-Ferrand 2024 prima di approdare in concorso all’altrettanto prestigiosa competizione della 19esima edizione di Cortinametraggio, laddove abbiamo avuto modo di vederlo e apprezzarlo. Il regista cagliaritano, già autore dei pluridecorati Il nostro concerto e Mammarranca, s’immerge totalmente in quei luoghi al punto da coinvolgere nelle riprese i suoi abitanti. Nei 18 minuti a disposizione l’autore, che dello short firma anche la sceneggiatura, la fotografia, il montaggio e la produzione, racconta l’essenza di una parte di Sardegna, quella di chi da sempre vive e sopravvive grazie alla terra come i due protagonisti dell’opera, qui interpretati con grande verità e naturalezza da Giuseppe Ungari e Antonio Chessa. Il primo veste i panni di un padre allevatore che durante la terribile invasione di locuste che ha colpito la zona si trova ad affrontare il passaggio di testimone con il figlio per la gestione dell’ovile. Sullo sfondo la “minaccia” del lavoro in fabbrica che rappresenta l’illusione di cambiamento rispetto alla vita in campagna e e in tutti i casi un fattore alienante.
La scrittura di Tilipirche, oltre a raccontare una storia nella storia che chiama in causa dinamiche familiari e private incastonate all’interno di un dramma collettivo, affronta tutta una serie di tematiche dal peso specifico rilevante che stratificano e impreziosiscono tanto la narrazione quanto la drammaturgia. Nel tessuto intrecciato della trama, lo spettatore di turno si troverà a fare i conti con la devastazione provocata dall’invasione delle cavallette, la disperazione di chi ha perso tutto, la forza e il coraggio di chi combatte per sopravvivere alla natura e, forse, anche alla modernità, in un rapporto sinergico ma sempre complicato tra l’uomo e l’ambiente. Il ché lo rende a suo modo anche un film politico che oltre a narrare una vicenda descrive lo spaccato della realtà contemporanea, un realtà che rischia il collasso. Il tutto si riversa sullo schermo con una messa in quadro all’insegna del rigore formale e di una messa in scena dura e cruda che non fa sconti sia sul piano dei contenuti che delle emozioni. Vedi la scene dell’irruzione del padre negli uffici della Regione dove la temperatura emotiva raggiunge il picco.
Francesco Del Grosso