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Petite maman

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VOTO: 9

Una piccola capanna nel bosco

In molti ci siamo accorti, da tempo, del grande talento da sceneggiatrice di Céline Sciamma. Eppure, una volta cimentatasi in prima persona con l’esperienza diretta dietro la macchina da presa, la cineasta francese si è perfettamente rivelata all’altezza delle aspettative. Ma se, solitamente, da un suo lungometraggio si è portati ad aspettarsi grandi soddisfazioni, tali soddisfazioni si sono addirittura superate (senza esagerazione alcuna) con Petite maman, la sua ultima fatica, in concorso alla Berlinale 2021.

Ancora memori dei tormenti amorosi di una giovane in fiamme, Petite maman ci fa vivere una situazione totalmente diversa, in cui non v’è spazio alcuno per ogni qualsivoglia commento musicale – fatta eccezione per un breve momento – in cui i costumi, le location e persino il numero degli attori sono ridotti all’essenziale. Eppure, in tale situazione una straordinaria maturità stilistica, un approccio sì empatico ma mai eccessivamente invadente e lo sguardo limpido di una bambina (o, sarebbe meglio dire, di due bambine) parlano da sé. Senza bisogno di inutili fronzoli o di gratuiti virtuosismi registici.
La nonna della piccola Nelly, dunque, è morta da poco. La bambina deve così recarsi insieme ai genitori nella vecchia casa di campagna in cui è cresciuta sua mamma, al fine di portare via le vecchie cose e di vendere la casa. Quanto farà male, tuttavia, a sua madre Marion, dover rivivere i momenti della sua infanzia? La donna deciderà di allontanarsi per un periodo, lasciando suo marito e sua figlia a occuparsi della casa. E così, la piccola Nelly, durante una passeggiata nei boschi, farà la conoscenza di Marion, una bambina che ha la sua stessa età e che, proprio come a suo tempo aveva fatto la madre di Nelly, è intenta a costruire una capanna con i rami di un albero.
Il passato, il presente, i ricordi d’infanzia, l’elaborazione del lutto, la riscoperta di un rapporto madre-figlia, ma anche le piccole avventure di due bambine nei caldi pomeriggi d’autunno vengono qui messi in scena in modo del tutto personale. I livelli temporali si alternano frequentemente, trovando un loro punto d’incontro in una piccola capanna in mezzo al bosco. I primi piani delle due bambine (impersonate dalle gemelle Joséphine e Gabrielle Sanz), straordinariamente mature per la loro età, fanno il resto. E così, Petite maman sembra essere ambientato in un luogo quasi senza tempo, in un luogo in cui i vecchi giocattoli vengono riscoperti, in cui non v’è spazio alcuno per la tecnologia o per qualsiasi cosa stia a ricordare l’epoca contemporanea in cui viviamo, in una sorta di luogo magico, dove la sospensione dell’incredulità è data da un puro e fortemente poetico realismo, dai colori caldi dell’autunno e dalla costruzione di una piccola capanna che assume immediatamente una valenza fortemente simbolica.
Nulla è banale o scontato, nel presente Petite maman. Nulla ricorda ciò che è stato realizzato in passato. E una messa in scena il più possibile essenziale e mai sopra le righe si rivela immediatamente la soluzione vincente. Mamma e figlia impareranno molto l’una dell’altra. E di fronte agli eventi della vita reagiranno insieme e diventeranno più forti e consapevoli di prima. Per i giochi d’infanzia, c’è sempre tempo. L’importante è non dimenticarsi mai di essere stati bambini e di essere sempre pronti a godersi una soleggiata mattinata sulle rive di un piccolo laghetto.

Marina Pavido

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