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Forest – I See You Everywhere

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VOTO: 8

Sette storie

Un nome del tutto degno di nota all’interno del panorama cinematografico ungherese e mondiale, quello di Bence Fliegauf. Il suo stile del tutto personale, che da budget bassissimi è in grado di dar vita a vivi e pulsanti affreschi della società ha già avuto modo di essere apprezzato negli anni scorsi e in Forest – I See You Everywhere, presentato in Concorso alla Berlinale 2021, nella sua speciale edizione online, trova un suo ideale compimento.

Sette storie. Sette dolorose storie filmate da una macchina da presa che, di volta in volta, si concentra ora sui dettagli, ora su mani che, reprimendo la rabbia, affondano le unghie nella carne, ora sui primissimi piani dei protagonisti e che ci fa sentire questi ultimi più vicini che mai. Una giovane adolescente non riesce a perdonare la negligenza di suo padre che a suo tempo ha causato la morte di sua madre. Una ginnasta è rimasta disabile in seguito a un incidente automobilistico. Una donna accusa il proprio compagno di avere ancora rapporti con una sua ex fiamma. Un ciarlatano gioca pericolosamente con la salute dei pazienti. Tutte queste storie, insieme a numerose altre vicende, stanno dunque a comporre un quadro variopinto e variegato di bruegheliana memoria, in cui nessuno è realmente “senza macchia” e in cui, appunto, non si sa mai con esattezza, dove si situi il confine stesso tra colpa e innocenza.
Da sempre osservatore del genere umano, Bence Fliegauf riprende in questo suo importante Forest – I See You Everywhere le tematiche del suo film d’esordio Forest (2003). E lo fa in modo estremamente lucido e maturo, dove una macchina da presa utilizzata rigorosamente a mano, un gruppo di attori dalle performance intense e mai sopra le righe e un riuscito crescendo diventano immediatamente le principali peculiarità dell’intero lungometraggio.
Luci soffuse, immagini quasi sfocate di persone che a stento si riconoscono nelle strade in notturna, una sorta di campo e controcampo realizzato il più delle volte senza stacchi di montaggio stanno bene a trasmettere il senso di disagio e di spaesamento vissuto da ognuno dei personaggi. Fino a dove può portare la mancanza di morale, di buon senso e di empatia all’interno della società in cui viviamo oggi? Nessuno, nemmeno Dio riuscirebbe a dare una precisa risposta in merito. Eppure, i fatti, parlano chiaro. E in questo Forest – I See You Everywhere è soprattutto uno spiccato pessimismo a prevalere su ogni cosa.
Bence Fliegauf, dal canto suo, non punta a dare precise risposte in merito o a esporre determinate teorie. Al contrario, il regista, in questo suo costante studio antropologico, lascia allo spettatore la preziosa libertà di trarre le proprie conclusioni. E lo fa con un approccio registico che gioca prevalentemente di sottrazione, in modo estremamente realista, a volte addirittura impietoso, perfettamente in grado di inferire pesanti scossoni emotivi quando meno si è portati ad aspettarselo. Forest – I See You Everywhere è tutto questo. E anche parecchio tempo dopo la visione continua a fare molto e molto male.

Marina Pavido

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