Ladri di cinema
Ci voleva il lungometraggio di un veterano come Zhang Yimou, per risollevare un po’ le sorti qualitative di una Selezione Ufficiale della Festa del Cinema di Roma 2021 sin qui parecchio discutibile. Un’opera, One Second (Yi miao zhong, 2020) dal percorso distributivo vivamente osteggiato dalle autorità cinesi, ritirato all’ultimo momento con motivazioni poco limpide dal Concorso dell’ultima Berlinale. E avendo finalmente avuto l’occasione di vederlo, si capisce bene il perché. One Second abbina alla leggerezza di una parabola di stampo quasi fiabesco una visibile critica alla Cina maoista del tempo che fu, della quale quella contemporanea, finto comunista ma in realtà capitalista in senso oligarchico, non può che essere diretta discendente. Nel segno del consueto processo di degradazione che porta l’illusione di un comunismo perfetto al suo esatto contrario.
Cina dunque. A cavallo tra gli anni sessanta e settanta. Zona semi-desertica del Gansu. In un villaggio poco popolato approda, dopo varie peripezie, un evaso dai lavori forzati, Zhang Jiusheng. Nel suo percorso incontra un’adolescente orfana di nome Liu Guinü. L’uomo entra casualmente in possesso di un rullo di pellicola, un film che sta disperatamente cercando di vedere poiché preceduto da un cinegiornale di regime – molto in voga a quei tempi – in cui compare per pochi fotogrammi sua figlia, con la quale non ha più rapporti da anni. La ragazza sottrae la parte di pellicola all’uomo, sperando di ricavare un guadagno dal recupero. In quel villaggio sperduto, infatti, il cinematografo è considerato alla stregua di un rito di massa, da consumare in religioso ed attento silenzio. Seguiranno varie disavventure per entrambi.
Pura poesia. One Second – il titolo fa riferimento al breve lasso di tempo in cui compare, nel cinegiornale appena menzionato, la figlia del protagonista – obnubila lo spettatore con immagini d’impatto, la cui suggestione stride volutamente con la povertà dilagante in quella regione. La Settima Arte è ben più di semplice intrattenimento, bensì ancora di salvezza, motivo di esistere. One Second diviene così un omaggio al cinema alla maniera di Peppuccio Tornatore, prosciugato però degli orpelli barocchi tanto cari al regista siciliano. Una mobilitazione generale della popolazione consentirà al proiezionista (detto Mr. Cinema, un’autentica autorità locale) di mantenere fede al proprio impegno professionale. Un segmento narrativo che non può non indurre commozione nel cinefilo “praticante”. Poi, come in ogni favola che si rispetti, sussiste il retrogusto amaro. Il protagonista maschile Zhang Jiusheng è un “cattivo elemento” agli occhi della società. La sua “colpa” principale è quella di essere un anarchico, un cuore pulsante di emozioni in un mondo che punta all’omologazione totale. Sarà piegato, nel corso della diegesi di One Second, ma tutt’altro che spezzato.
Come molti grandi autori Zhang Yimou guarda al passato allo scopo di contemplare il presente. Il suo è un invito gentile ma fermo a liberarsi di regole ingiuste e limitanti, vivendo un’esistenza nel rispetto comune e tuttavia secondo il proprio sentire. Non tutto scorre via fluidamente in One Second: qualche lungaggine di troppo ed un post scriptum non troppo necessario rappresentano qualche neo nel giudizio finale dell’opera. Poco importa. Ciò che conta è la lezione di vita, altamente condivisibile: provare ad amare qualcuno con tutta la purezza possibile, anche al di là dei vincoli di sangue. I due personaggi principali, superando l’iniziale ostilità, riusciranno nell’impresa, uscendo dal messaggio finale del film come esseri umani nettamente migliori, anche esteriormente. Così come, di riflesso, gli spettatori che apprezzeranno un lungometraggio cui voler bene persino nelle imperfezioni.
Daniele De Angelis