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Nope

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VOTO: 7

Alieni ed alienati

Difficile, ad un primo livello di lettura, trovare una netta continuità tra l’opera terza da regista di Jordan Peele e le due precedenti, le acclamate Scappa – Get Out (2017) e Noi (Us, 2019). A parte la predilezione per i titoli ermetici, con questo Nope Peele pare cambiare totalmente registro, accantonando la questione razziale che permeava in modo evidente, sia pur con declinazioni differenti, gli altri due lungometraggi per concentrarsi su un’opera che privilegi il respiro ampio del cinema. Impresa ardua anche definire Nope un autentico horror, al pari degli altri. In questa alien-invasion vera o presunta (lo spettatore scoprirà la verità nella seconda parte del film…) serpeggiano certamente angoscia ed inquietudini sottili; eppure il segmento genuinamente orrorifico viene confinato nella sottotrama del background di uno dei personaggi secondari, quasi del tutto avulsa dalla narrazione principale.
Venendo al dunque manca, in Nope, lo spunto originale che caratterizzava opere quali Scappa – Get Out e Noi. L’elemento socio-politico e destabilizzante, saggiamente mescolato ad una sana ironia demistificatrice, rendeva a proprio modo uniche due pellicole capaci di rinnovare il genere di riferimento conducendolo verso territori in parte inesplorati. Con Nope siamo invece dalle parti del film-omaggio nei confronti della fantascienza in apparenza ingenua e naif degli anni cinquanta, sia pur abilmente aggiornata ai tempi nebulosi che stiamo vivendo. Ed infatti Nope – il significato è una negazione in termini gergali – è un’opera che gioca di prestigio sul complottismo attualmente imperante, imponendo anche la riconoscibilissima, ironica e spietata satira di Peele verso il mondo dello show-business, dove l’illusione di un istante di celebrità rappresenta la molla d’azione per tutti i personaggi in campo. I quali in realtà dovrebbero prestare molta più attenzione alla loro sopravvivenza. In primis fratello e sorella O.J. (un funzionale Daniel Kaluuya) ed Emerald (un’esuberante Keke Palmer, vera e propria rivelazione del film), eredi di un allevamento equino situato nel deserto californiano. Dove iniziano a verificarsi fatti sin troppo strani per passare sotto silenzio. Come ad esempio una nuvola completamente ferma nel cielo nel corso dei giorni, forse a celare qualcosa di estremamente minaccioso.
Nope è dunque un film di pura visione. Su cosa si riesce, oppure non si riesce, a vedere. Le spettacolari immagini orchestrate da Peele – nonché griffate dal “garante” Hoyte Van Hoytema, direttore della fotografia di fiducia di un certo Christopher Nolan – risucchiano lo spettatore in un vortice di delirante mistero che al contempo esalta e condanna la spettacolarità fine a se stessa. Partorendo così un’opera bifronte sin troppo lunga e dispersiva e tuttavia affascinante ben al di là della semplice curiosità di scoprire cosa si nasconde dietro il mistero del plot e in che modo esso si risolverà. Anche se resta un po’ di amaro in bocca per la fugace apparizione, nel tensivo flashback a cui ci riferivamo poc’anzi, di uno scimpanzé fuori di testa, vendicativo contro il genere umano poiché ripetutamente costretto ad esibirsi contronatura. Un film nel film che avrebbe potuto benissimo costituire l’ossatura principale di Nope, invertendo le proporzioni narrative con la trama pseudo – fantascientifica. Magari sarà per un’altra occasione cinematografica. Anche perché Jordan Peele pare ormai capace di tutto, avendone ampiamente le possibilità….

Daniele De Angelis

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