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Longlegs

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VOTO: 8

Dentro l’Abisso

Ad Oz Perkins evidentemente piace esplorare il lato buio delle fiabe, come nella sua riuscita rivisitazione di Hansel e Gretel, rinominata per l’occasione Gretel e Hansel (2020) per manifesta superiorità femminile nell’economia narrativa. Anche in questo Longlegs la protagonista è una giovane donna, Lee Harker (Maika Monroe, ormai perfettamente a proprio agio in questo tipo di ruolo) dalla psiche tormentata, alla ricerca del proprio passato attraverso l’indagine su un misterioso serial-killer detto, appunto, Longlegs. Sembra dunque un thriller, l’ultima fatica di Oz Perkins, come di consueto scritta e diretta dal figlio del popolare Anthony di Psyco. Una giovane matricola F.B.I. ed un killer seriale: alzino la mano coloro ai quali non ricorda qualcosa. Nulla di più erroneo. Perché Longlengs non cerca l’orrore nel dipanarsi delle pieghe di una trama più o meno articolata come accadeva nel capolavoro di Jonathan Demme; piuttosto lo trova – in maniera più che suggestiva ed angosciante grazie anche alla sapiente messa in scena surrealista di Perkins, capace di creare uno zenit di tensione costante – utilizzando il classico racconto di formazione. Un modo geniale di catturare l’empatia nei confronti della protagonista Lee Harker. Poiché sarà lei a condurci in luoghi che non avremmo voluto mai visitare, tranquilli e paciosi nella nostra routine quotidiana. Del resto le favole dark servono soprattutto a questo, a condurre il pubblico adulto a credere all’esistenza del Male. E se l’apostolo di tutto ciò è un Nicolas Cage truccatissimo e indimenticabile nel ruolo del killer del titolo, ecco che si dipanano orizzonti nuovi per un genere che raramente, almeno di recente, è stato affrontato con tale determinazione e coraggio, tesi ad infrangere e spazzare via la classica comfort zone di chi si aspetta da uno spettacolo cinematografico un paio d’ore di tradizionale intrattenimento.
Le reazioni di rifiuto, dunque, andrebbero accettate e comprese. Perché il viaggio nella paura di Longlegs, horror psicologico come mai ce ne è stato uno, non prevede in alcun modo fermate di comodo. Anzi si produce in continue acrobazie di punti di vista fino ad universalizzare la figura della protagonista. Dopo il twist finale, non imprevedibile sebbene molto efficace, lei siamo noi e noi ci specchiamo in lei. La paura e l’angoscia hanno raggiunto il proprio culmine e il lungometraggio non ha più nulla da raccontare, avendo raggiunto brillantemente il proprio scopo. Che è quello di ricordare a tutti che il Male – quello con la maiuscola, indecifrabile poiché privo di spiegazioni razionali – esiste. Ed è lì, non adiacente a noi impegnati a fingere di non vederlo. Vive dentro di noi, nutrendosi delle nostre emozioni “tossiche” che gli danno forza. In Longlegs è Satana, ma può essere davvero definito in qualsiasi altro modo.
Longlegs, collocato nella sezione Grand Public della Festa del Cinema di Roma 2024 prima della regolare uscita in sala prevista per il 31 ottobre, richiede a gran voce di compiere lo sforzo di vederlo. Tutt’altro che un film giocoso per la notte di Halloween; bensì un’opera capace di lasciare tracce indelebili di inquietudine ben oltre la visione. Esattamente come un horror dotato di qualsivoglia ambizione dovrebbe sempre saper fare, tra angosce e riflessione.

Daniele De Angelis

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