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L’inganno perfetto

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VOTO: 5.5

La truffa dell’anno

Prendi due veri e propri mostri sacri del cinema come Ian McKellen e Helen Mirren, aggiungici una storia a dir poco intricata e ricca di mistero e il gioco è fatto. Ecco pronto per il grande schermo un prodotto di tutto rispetto che ha tutte le carte in regola per conquistare un copioso numero di spettatori. Ma sarà davvero così semplice far sì che il tutto funzioni? Assolutamente no. E infatti, se, a una prima occhiata, il lungometraggio L’inganno perfetto – diretto da Bill Condon, tratto dall’omonimo romanzo di Nicholas Searle e presentato in anteprima italiana al 37° Torino Film Festival – può sembrarci un prodotto raffinato e sufficientemente avvincente, ecco che ben presto ci accorgiamo che non sempre è oro quel che luccica. Ma andiamo per gradi.

Roy è un abile truffatore dal passato oscuro, il quale, grazie a un sito di incontri, fa la conoscenza di Betty, un’elegante signora rimasta vedova da qualche anno. Ella è, dunque, un’altra delle potenziali vittime delle truffe di Roy. Eppure, le cose non saranno poi così semplici.
Siamo d’accordo, non v’è nulla da obiettare per quanto riguarda il modo in cui Condon ha messo in scena il tutto. L’eleganza della regia ben si sposa, in questo caso, con l’ottima presenza scenica dei due protagonisti, per una serie di momenti, in cui i due dialogano tra loro, che sono un vero e proprio piacere per gli occhi. Eppure, il tutto ci appare fin da subito molto patinato. Al punto da risultare addirittura eccessivamente artefatto. Proprio come, d’altronde, è stato per i precedenti lavori diretti proprio da Condon.
Il problema principale di un lavoro come L’inganno perfetto (in originale The Good Liar), tuttavia, è un altro. E stiamo parlando proprio dello script, prevedibile fin dai primi minuti e con risvolti che vorrebbero annunciarsi come inaspettati, ma che, alla fin fine, altro non fanno che far somigliare l’intero lavoro a innumerevoli prodotti del genere precedentemente realizzati. Ed ecco che, immediatamente, tutta quella tensione iniziale percepita finisce inevitabilmente per sfumare, per una storia già vista e rivista di cui, forse, non si sentiva nemmeno tanto il bisogno.
L’impressione che si ha in seguito alla visione di questo ultimo lungometraggio di Condon, dunque, è che lo stesso sia stato quasi realizzato con il pilota automatico, con la sola finalità di attirare – grazie soprattutto ai due attori protagonisti – il maggior numero di spettatori possibile. Eppure, alla fine dei giochi, il risultato finale è un prodotto praticamente senza anima, che percorre sentieri già più e più volte trattati e che non riesce nemmeno a trasmettere allo spettatore quella giusta dose di tensione fortemente necessaria nel momento in cui ci si trova davanti a storie del genere.
Al termine della visione, dunque, una domanda sorge spontanea: per quanto tempo ancora ci si ricorderà di un lungometraggio come L’inganno perfetto? Probabilmente, non per molto tempo. E, spiace dirlo, in una situazione del genere, persino le ottime performance dei due attori protagonisti risultano sprecate, totalmente fini a loro stesse.

Marina Pavido

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